Mons. Antonio Ciliberti nasce il 31 gennaio 1935 a S. Lorenzo del Vallo (CS). Qui vive la sua fanciullezza frequentando al mattino le scuole elementari e, nel pomeriggio, com’era d’uso a quel tempo, andando a bottega presso un maestro falegname. A dodici anni entra nel seminario Diocesano di Rossano, frequentando gli studi ginnasiali. Completa quelli liceali nel seminario di Caltanissetta, qui mandato dall’arcivescovo di Rossano mons. Giovanni Rizzo, che ne era stato rettore. Prosegue la sua formazione presso il Pontificio Seminario Campano di Napoli, conseguendo nella Facoltà Teologica “S. Luigi” di Posillipo prima la licenza e poi, nel 1959, la laurea in Sacra teologia. Più tardi conseguirà anche la laurea in Filosofia presso l’Università statale di Palermo. Intanto, è ordinato presbitero da mons. Rizzo nella Cattedrale di Rossano Il 12 luglio 1959.
Nell’arcidiocesi di Rossano don Antonio ha subito l’incarico di vicerettore del seminario (1960-62). È poi parroco a Schiavonea e contemporaneamente in alcune frazioni di Corigliano. Trasferito nella parrocchia di S. Biagio in Rossano, vi rimane fino al 1967, svolgendo nello stesso tempo l’ufficio di segretario particolare dell’arcivescovo mons. Rizzo. Nel 1967 passa alla parrocchia di S. Antonio in Corigliano, uno dei centri più grandi della diocesi. Ed è proprio quella parrocchia il “laboratorio pastorale”, ove forgia il suo animo di pastore.
Don Ciliberti ha ovviamente tanti altri incarichi: direttore dell’ufficio catechistico diocesano, assistente dell’AGESCI, della FUCI, dei Maestri Cattolici, vicario foraneo, membro del Consiglio pastorale diocesano, del Consiglio Presbiterale e del Collegio dei Consultori.
Insegna lettere, lingue straniere ed educazione artistica nel seminario e filosofia nell’Istituto di scienze religiose. È molto attivo anche nel campo delle comunicazioni sociali, animando tra l’altro Fiamma Apostolicae conducendo per anni in un’emittente locale il programma settimanale Fede e Vita.
Ricco di tutte queste esperienze, viene eletto vescovo di Locri-Gerace il 7 dicembre 1988. Riceve l’ordinazione il 28 gennaio 1989 nella Cattedrale di Rossano dall’arcivescovo Serafino Sprovieri (co-consacranti: mons. Giuseppe Agostino, mons. Antonio Cantisani), e fa il suo ingresso nella diocesi assegnatagli il 12 marzo 1989.
L’azione pastorale di mons. Ciliberti coincide con un periodo piuttosto turbolento della storia della Chiesa di Locri-Gerace, un territorio inquinato da sanguinose faide mafiose e conosciuto all’epoca come la “terra dei sequestri”. Egli prende posizioni quanto mai chiare. Contesta pubblicamente il tribunale di Locri per aver venduto all’asta i mitra e i fucili sequestrati con il serio pericolo di consentire alla ’ndrangheta di rientrare in possesso di quegli strumenti di morte e usarli per i suoi loschi affari. È a fianco della “mamma coraggio”, Angela Casella, scesa in Calabria per chiedere ad alta voce il rilascio del figlio tenuto sequestrato dalla ’ndrangheta. Per il suo coraggioso comportamento il vescovo subisce diverse intimidazioni. Nel giugno 1989 viene barbaramente ucciso dalla mafia un suo presbitero, d. Giuseppe Giovinazzo, uno dei responsabili del Santuario della Madonna di Polsi. Gli viene allora assegnata anche la scorta, da lui accettata con ritrosia perché limitava lo spazio di libertà necessario per l’esercizio del ministero episcopale. Si spiega forse così il fatto che mons. Ciliberti dopo appena quattro anni di servizio a Locri-Gerace viene trasferito alla diocesi di Matera-Irsina, il 6 maggio 1993, dopo appena poco più di quattro anni di servizio nella Chiesa di Locri.
Nella Chiesa materana trova un terreno fertile per una concreta attuazione del principio di corresponsabilità. Lo rilancia con il suo entusiasmo il 1° luglio 1993, giorno del suo ingresso in diocesi e della festa della Madonna Bruna, patrona dell’arcidiocesi. Egli promuove fin da subito il coinvolgimento del laicato e la creazione dei Consigli pastorali zonali, strumenti necessari per far crescere nel dialogo il centro diocesi con le periferie.
Dopo meno di 10 anni di servizio a Matera-Irsina, il 31 gennaio 2003, mons. Ciliberti viene trasferito alla sede metropolitana di Catanzaro-Squillace. Fa il suo ingresso nell’arcidiocesi il 5 aprile 2003, alla presenza del Nunzio Apostolico in Italia mons. Paolo Romeo e di altri presuli della Calabria. Il nuovo arcivescovo è accolto con sincero entusiasmo.
Egli si distingue subito per il suo magistero, tratteggiando già nella sua prima omelia le “indicazioni pastorali del rinnovamento”. Sottolinea la necessità di promuovere una nuova pastorale, suggerendo una “pastorale di sollecitazione e di assalto”. Propone di fatto una Chiesa dal volto missionario. E insiste su un concetto: il lavoro nella vigna del Signore non va fatto da persone singole, ma esige che si viva nel mondo la legge della comunione e dell’unità.
Nella linea del suo predecessore mons. Antonio Cantisani, mons. Ciliberti, dunque, si adopera a dare alla Chiesa particolare di Catanzaro-Squillace mediante la pastorale della corresponsabilità il volto di una Chiesa missionaria, davvero “in uscita”, testimoniando il Vangelo nel tempio vivo del territorio, tra gli uomini fratelli da amare, senza cedere alla logica del giudizio e della condanna, ma facendosi compagni di viaggio di ciascuno e invitando tutti, proprio tutti, a lasciarsi avvolgere dall’abbraccio amorevole di Cristo, mandato dal Padre ad effondere su ogni uomo lo Spirito dell’amore.
È proprio con questo spirito che l’arcivescovo Ciliberti esercita il munus docendi, offrendo ad ogni inizio di anno una lettera pastorale allo scopo di dare concreta attuazione al progetto pastorale unitario. E così negli anni 2004-2007 invita a riflettere sui “luoghi” della pastorale: la parrocchia, la famiglia, la scuola. Negli anni successivi il vescovo concentra la sua riflessione sugli “strumenti” della pastorale: la liturgia, la carità, la testimonianza. La sua ultima lettera pastorale avrà come tema la Comunione. Segno privilegiato di evangelizzazione.
Volendo ricordare alcuni eventi realizzati con l’episcopato di mons. Ciliberti, si pensi innanzitutto all’anno marianocelebrato nel 150° anniversario della proclamazione del domma dell’Immacolata e nel 50° anniversario dell’elevazione a Basilica dell’omonima chiesa in Catanzaro.
Nel 2004 mons. Ciliberti ha una gioia tutta particolare: il 21 marzo viene proclamata beata la monaca carmelitana Maria Candida dell’Eucaristia. Figlia di un magistrato siciliano, era nata proprio a Catanzaro, ove rimase fino all’età di cinque anni. La Beata ricordava con gratitudine la chiesa ove era stata battezzata: S. Maria in Plateis (S. Anna). La sua figura, che dà il nome al CUF (Centro Universitario Femminile) di Catanzaro, venne ricordata in diocesi in vari modi. L’arcivescovo non manca di partecipare alla concelebrazione col Papa in S. Pietro nel giorno della sua beatificazione.
Nella consapevolezza che la comunità ha bisogno di testimoni prima che di maestri, mons. Ciliberti appoggia con sincera convinzione le cause di beatificazione avviate in diocesi: in particolar modo quella per la beatificazione di Maria Antonia Samà (la “monachella di S. Bruno”) e quella di Nuccia Tolomeo, proclamate poi “beate” il 3 ottobre 2021.
L’evento che con l’episcopato di mons. Ciliberti pone la diocesi in uno stato di conversione pastorale assicurandone una più incisiva vitalità, è senz’altro la Visita Pastorale. Indetta il 25 dicembre 2005 si conclude nel dicembre 2010 nella Chiesa Cattedrale. Si può parlare di “missione” durata circa cinque anni. E anche di festa di popolo. L’arcivescovo ci tiene a conoscere il maggior numero di persone. E perciò non si accontenta delle celebrazioni liturgiche in chiesa e delle riunioni con i Consigli parrocchiali e le varie aggregazioni: incontra i ragazzi e gli insegnanti nelle scuole, gli ammalati a casa, gli operai nelle aziende e nei campi.
A conclusione del suo servizio episcopale nella Chiesa che è in Catanzaro-Squillace, mons. Ciliberti vuole consegnare alla comunità diocesana il 25 marzo 2011, giorno in cui presenta le dimissioni da arcivescovo, la Relazione sullo stato della diocesi di Catanzaro-Squillace, che voleva essere insieme una sorta di verifica dei suoi anni di episcopato e un lascito per il futuro alla comunità. In essa, all’inizio, riconsidera le “sfide per l’Evangelizzazione”, rinnovando soprattutto l’appello a rafforzare l’unità della diocesi. Nella conclusione traccia un personale giudizio sul suo operato di pastore: “Accolto con entusiasmo da tutti ho instaurato rapporti di amicizia e collaborazione coi Presbiteri, i Religiosi, le Religiose, le Associazioni, i Gruppi, i Movimenti ecclesiali, le Autorità civili e militari, di cui ho accolto le ansie, le tensioni e le speranze, unitamente alla ricchezza di tanta esperienza, in funzione di un progetto pastorale efficace e pertinente. La conoscenza diretta di uomini e cose mi ha consentito gradualmente di andar precisando la situazione della Diocesi, dei Presbiteri, dei Religiosi, del Popolo di Dio. E in sostanza esprimo concretamente la gioia di aver servito questa Diocesi. Sovente mi capita di ripetere, soprattutto al Presbiterio, che “in molti luoghi si fatica soffrendo, qui invece si lavora con gioia”.
Il 1° aprile 2017 torna alla casa del Padre.