Flavio Magno aurelio Cassiodoro calabrese nato a Squillace verso il 485, morì pieno di giorni, a Vivarium intorno al 580.
Uomo di alto livello sociale, si dedicò alla vita politica e all’impegno culturale come pochi altri nell’occidente romano del suo tempo. Forse gli unici che gli potevano stare alla pari in questo suo duplice interesse furono il già ricordato Boezio, e il futuro Papa di Roma, Gregorio Magno (590-604).
Consapevole della necessità di non lasciare svanire nella dimenticanza tutto il patrimonio umano e umanistico, accumulato nei secoli d’oro dell’Impero Romano, Cassiodoro collaborò generosamente, e ai livelli più alti della responsabilità politica, con i popoli nuovi che avevano attraversato i confini dell’Impero e si erano stanziati in Italia. Anche lui fu modello di incontro culturale, di dialogo, di riconciliazione. Le vicende storiche non gli permisero di realizzare i suoi sogni politici e culturali, che miravano a creare una sintesi fra la tradizione romano-cristiana dell’Italia e la nuova cultura gotica. Quelle stesse vicende lo convinsero però della provvidenzialità del movimento monastico, che si andava affermando nelle terre cristiane. Decise di appoggiarlo dedicando ad esso tutte le sue ricchezze materiali e le sue forze spirituali.
Concepì l’idea di affidare proprio ai monaci il compito di recuperare, conservare e trasmettere ai posteri l’immenso patrimonio culturale degli antichi, perché non andasse perduto. Per questo fondò Vivarium, un cenobio in cui tutto era organizzato in modo tale che fosse stimato come preziosissimo e irrinunciabile il lavoro intellettuale dei monaci.
Egli dispose che anche quei monaci che non avevano una formazione intellettuale non dovevano occuparsi solo del lavoro materiale, dell’agricoltura, ma anche trascrivere manoscritti e così aiutare nel trasmettere la grande cultura alle future generazioni. E questo senza nessuno scapito per l’impegno spirituale monastico e cristiano e per l’attività caritativa verso i poveri.
Nel suo insegnamento, distribuito in varie opere, ma soprattutto nel trattato De anima e nelle Institutiones divinarum litterarum, la preghiera (cfr PL 69, col. 1108), nutrita dalla Sacra Scrittura e particolarmente dalla frequentazione assidua dei Salmi (cfr PL 69, col. 1149), ha sempre una posizione centrale quale nutrimento necessario per tutti. Ecco, ad esempio, come questo dottissimo calabrese introduce la sua Expositio in Psalterium: “Respinte e abbandonate a Ravenna le sollecitazioni della carriera politica segnata dal sapore disgustoso delle preoccupazioni mondane, avendo goduto del Salterio, libro venuto dal cielo come autentico miele dell’anima, mi tuffai avido come un assetato a scrutarlo senza posa per lasciarmi permeare tutto di quella dolcezza salutare dopo averne avuto abbastanza delle innumerevoli amarezze della vita attiva” (PL 70, col. 10).
La ricerca di Dio, tesa alla sua contemplazione – annota Cassiodoro -, resta lo scopo permanente della vita monastica (cfr PL 69, col. 1107). Egli aggiunge però che, con l’aiuto della grazia divina (cfr PL 69, col. 1131.1142), una migliore fruizione della Parola rivelata si può raggiungere con l’utilizzazione delle conquiste scientifiche e degli strumenti culturali “profani” già posseduti dai Greci e dai Romani (cfr PL 69, col. 1140).
Personalmente, Cassiodoro si dedicò a studi filosofici, teologici ed esegetici senza particolare creatività, ma attento alle intuizioni che riconosceva valide negli altri. Leggeva con rispetto e devozione soprattutto Girolamo ed Agostino. Di quest’ultimo diceva: “In Agostino c’è talmente tanta ricchezza che mi sembra impossibile trovare qualcosa che non sia già stato abbondantemente trattato da lui” (cfr PL 70, col. 10).
Citando Girolamo invece esortava i monaci di Vivarium: “Conseguono la palma della vittoria non soltanto coloro che lottano fino all’effusione del sangue o che vivono nella verginità, ma anche tutti coloro che, con l’aiuto di Dio, vincono i vizi del corpo e conservano la retta fede. Ma perché possiate, sempre con l’aiuto di Dio, vincere più facilmente le sollecitazioni del mondo e i suoi allettamenti, restando in esso come pellegrini continuamente in cammino, cercate anzitutto di garantirvi l’aiuto salutare suggerito dal primo salmo che raccomanda di meditare notte e giorno la legge del Signore.
Il nemico non troverà infatti alcun varco per assalirvi se tutta la vostra attenzione sarà occupata da Cristo” (De Institutione Divinarum Scripturarum, 32: PL 69, col. 1147). È un ammonimento che possiamo accogliere come valido anche per noi. Viviamo infatti anche noi in un tempo di incontro delle culture, di pericolo della violenza che distrugge le culture, e del necessario impegno di trasmettere i grandi valori e di insegnare alle nuove generazioni la via della riconciliazione e della pace. Questa via troviamo orientandoci verso il Dio con il volto umano, il Dio rivelatosi a noi in Cristo.
Autore: Papa Benedetto XVI (Udienza Generale 12.03.2008)
Storia della Causa
La Causa di beatificazione per equipollenza del Servo di Dio è stata avviata da Mons. Vincenzo Bertolone il 27 gennaio 2020 nella Biblioteca dell’Episcopio di Squillace. Il Tribunale nominato: Padre Pasquale Pitari (Delegato episcopale), Don Stephen Achilihu (Promotore di giustizia), Don Davide Riggio (Notaio). La Causa si è conclusa il 23 luglio 2021 nella Cattedrale di Squillace, alle ore 11. Ancora non è stato nominato il Postulatore romano.
L’avvio della Causa mi è stata sollecitata da più fedeli, sacerdoti e associazioni, soprattutto di Squillace, fin dal mio ingresso nell’Arcidiocesi di Catanzaro-Squillace nel 2011. In Diocesi la maturità culturale per avviare un processo di canonizzazione è piuttosto recente. Questa maturità risale agli anni novanta, frutto della lenta e capillare diffusione della dottrina del Concilio Vaticano II sulla vocazione comune alla santità. La Causa di Cassiodoro è l’ottava che l’Arcidiocesi porta avanti con convinzione per la gloria di Dio e il bene delle anime. La figura del Servo di Dio è emersa nel passato ed emerge nel presente, anche nell’arte e nelle raffigurazioni della concattedrale di Squillace, in tutta la sua statura morale ed ecclesiale, come laico esemplare che ha vissuto e annunciato con passione e coerenza di vita la sua fede in Cristo e nel Vangelo, accompagnando l’annuncio con un solerte e fecondo impegno speculativo e organizzativo di vita monastica. Dopo essere stato primo ministro alla corte del re ostrogoto Teodorico a Ravenna, ha vissuto le ultime tre decadi della vita nella sua Squillace, operando per la pacificazione tra le due culture romano-gotica e greca; qui ha avviato e curato due cenobi, il Vivariense e il Castrense, in cui, oltre la preghiera e la vita caritativa, molto risalto aveva la cura della Parola di Dio e della Liturgia battesimale, delle opere letterarie dei Padri e della cultura classica, anche se pagana.
La vita, le virtù, la spiritualità e le opere del Servo di Dio hanno riscosso nel passato ed anche nel presente tanta attenzione, da parte delle Università e dalla Chiesa, che ne utilizza brani nella Liturgia delle Ore riformata a seguito del Vaticano secondo. Papa Benedetto XVI si è soffermato su Cassiodoro nella catechesi del mercoledì 12 marzo 2008. Associandolo a Severino Boezio, ha citato le parole di Cassiodoro: «La preghiera, nutrita dalla Sacra Scrittura e particolarmente dalla frequentazione assidua dei Salmi, ha sempre una posizione centrale quale nutrimento necessario per tutti». Queste parole, per Papa Benedetto XVI, sono «un ammonimento che possiamo accogliere come valido anche per noi». Papa San Giovanni Paolo II ha indicato Cassiodoro come figura esemplare nella sua visita a Catanzaro il 6 agosto 1984». Più volte nell’Ufficio Divino la Chiesa propone letture spirituali del nostro Servo di Dio.
Vari sono stati nel passato i riferimenti letterari a Cassiodoro, chiamato beatus, sanctus, doctor, certamente per le sue opere di alta levatura spirituale, dalle quali si ricava una chiara dottrina ascetica sulla pratica delle virtù umane e cristiane.
Il culto pubblico oggi è presente soprattutto nella sua Squillace, dove la sua effigie, vestito da monaco, è presente nel mosaico dell’abside della Cattedrale accanto alla Madonna Assunta, in un altro mosaico e nella cappella del Crocifisso. All’inizio del secolo scorso la sua figura era presente in un affresco sul lato destro della stessa Cattedrale, in abiti monastici. Nel passato il culto privilegiava il cognome “Senatore” del Servo di Dio, con l’idioma dialettale “Sansinato”, ancora oggi diffuso nella toponomastica della nostra Arcidiocesi. La lunga galleria alle porte di Catanzaro porta il suo nome.
La tomba del Servo di Dio, morto nel cenobio di Vivarium, con tutta probabilità era quella, ancora oggi visibile, accanto ai ruderi dell’abside della chiesa di San Martino, che era la chiesa del Vivarium. Purtroppo i terremoti, l’usura del tempo e i predoni delle cose antiche hanno limitato la lettura dei segni e dei graffiti incisi dai pellegrini che accorrevano in quei luoghi. Gli studiosi continuano le loro ricerche. La spiritualità del Servo di Dio, essenzialmente cristocentrica, è chiara e sempre attuale nelle sue opere spirituali: l’Expositio Psalmorum, il De anima e le Institutiones. Rivolgendosi a Cristo, Cassiodoro ha scritto: “Te autem amare, salvari; formidare, gaudere; invenire, crevisse; amisisse perire est”, «amarti è essere salvati; temerti è godere; trovarti è crescere in grandezza; perderti è morire» (De anima, 13, Oratio Cassiodori). Bastano queste parole per apprezzare e riconoscere la santità di questa anima bella, tutta di Cristo.