Anche quest’anno la comunità diocesana di Catanzaro-Squillace ha rinnovato i solenni festeggiamenti in onore di San Vitaliano, Patrono dell’Arcidiocesi e della città di Catanzaro, motivo in più per gioire dopo l’ordinazione Diaconale dell’accolito Simone Samà svoltasi ieri nella messa della vigilia.
Durante la celebrazione Eucaristica, l’Arcivescovo S.E. Mons. Claudio Maniago, alla presenza delle autorità civili e militari, dei presbiteri, dei diaconi e dei fedeli tutti ha conferito l’ufficio di ministri straordinari della comunione ad alcuni fedeli delle parrocchie della Diocesi.
Pubblichiamo di seguito il testo dell’Omelia tenuta dall’Arcivescovo S.E. Mons. Claudio Maniago:
È sempre una gioia celebrare insieme, comunità cristiana e società civile, la festa del patrono della nostra città di Catanzaro e della nostra Diocesi di Catanzaro-Squillace, San Vitaliano.
Ringrazio di cuore tutti i presenti, i sacerdoti concelebranti e voi autorità civili e militari, chiamate a servire e costruire, con passione e competenza, il bene dei cittadini e della città. “Abbiamo bisogno – scrive papa Francesco nell’Evangelii Gaudium al n. 71 – di riconoscere la città a partire da uno sguardo contemplativo, ossia uno sguardo di fede che copra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze … Egli vive tra i cittadini promuovendo la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia”. Da qui prende valore e significato l’impegno che ponete, cari amministratori, per rendere più bella, più abitabile e più accogliente la nostra città.
La celebrazione della festa patronale di san Vitaliano, ci aiuti a prendere sempre più consapevolezza del compito ricevuto di mettere a servizio della società e del bene dei cittadini tutto noi stessi, le nostre capacità e i nostri talenti.
Nella parola del vangelo che ci viene donata nella solennità del nostro Patrono, ci sono due immagini tratte dall’ambiente quotidiano palestinese, con cui i discepoli vengono paragonati al sale e alla luce, che sono due elementi che in ogni civiltà sono considerati tra i più utili alla vita.
Per i discepoli essere sale e luce non è tanto motivo di orgoglio personale, quanto assunzione di responsabilità. È probabile che Matteo abbia scritto questo brano per la sua comunità cristiana quando essa cominciava a istituzionalizzarsi e forse a frenare lo slancio missionario: possiamo considerare già questo un monito che risuona nella festa patronale, perché la nostra Chiesa non rallenti la sua spinta missionaria rinchiudendosi in modo ipocrita nell’angustia di certe tradizioni, ricordando che se non si è sale e luce per il mondo, si può venir meno al proprio compito, si può diventare addirittura inutili e oggetto di disprezzo da parte di altri.
Il rischio di diventare cristiani inutili, comunità anonime, dovrà stimolare ogni discepolo a verificarsi e a impegnarsi con slancio. Una comunità cristiana che non sia tale non serve a nulla. Una pratica religiosa e una istituzione che funzioni solo in modo formale non raggiunge il suo scopo.
“Voi siete la luce del mondo” trova il parallelo nel vangelo di Giovanni (Gv 8,12), dove Gesù stesso dice: “Io sono la luce del mondo”. L’azione dei discepoli deve essere in linea con quella di Gesù. Le buone opere devono essere compiute senza esibizionismo, ma anche senza mimetizzarsi, cioè senza timore di essere visti.
Il sale e la luce sono il simbolo dell’autenticità, della testimonianza, della sapienza che i cristiani sono chiamati a donare al mondo. È un compito assunto in forma personale, ma è soprattutto l’intera comunità che ha la missione di presentarsi al mondo con queste caratteristiche, per lievitarlo e illuminarlo.
“Se il sale perde il suo sapore, niente potrà ridarglielo”, dice Gesù: è una chiara affermazione dell’urgenza e necessità di questo compito.
Ci si domanda spesso quale sia l’identità del cristiano.
Gesù da la sua risposta:
– essere immersi nel mondo, per darvi sapore: non quindi separati, divenuti ghetto, staccati dalla vita e dalla storia;
– essere poveri, miti, assetati di giustizia, puri, perseguitati: le beatitudini, che precedono questi versetti (Mt 5,1-12), indicano a quale prezzo i cristiani saranno sale e luce nel mondo;
– essere capaci di rendere trasparente la testimonianza, quindi senza barriere istituzionali, senza formalismi che bloccano il dialogo, senza compromessi che rendono ambiguo il messaggio.
Si diventa sale e luce del mondo quando in modo particolare ci lasciamo illuminare e “salare” da Cristo, condividendo la sua vita, attingendo dalla sua parola le norme di comportamento; quando, come lui, siamo disposti a giocarci la vita fino alla croce.
Così si esprimeva il grande padre della Chiesa Giovanni Crisostomo: “Un cristiano deve far vedere chi è non solo perché va in chiesa, ma per la sua vita nuova, per il suo nuovo modo di agire. Un cristiano deve essere la luce e il sale del mondo (Mt 5,13-14). Se dunque in te e da te non appare la luce, se non freni la tua corruzione, come potremo sapere che sei cristiano? Lo sarai forse soltanto perché sei stato rigenerato nelle sacre acque del battesimo? Un cristiano deve risplendere non solo per ciò che ha ricevuto da Dio, ma anche per quelle cose che egli stesso può offrire a lui. Ovunque egli deve poter essere riconosciuto per il suo modo di camminare e di guardare, per il suo comportamento esteriore e per le sue parole. Questo dico non perché ci dobbiamo mettere in mostra, ma per far riflettere e condurre al bene coloro che ci osservano”.
Oggi festeggiamo il nostro San Vitaliano che è stato per il suo tempo “sale e luce” e continua a essere oggi come patrono della nostra Diocesi e della nostra Città, “sale” insegnandoci a tenere lontani dalla società i pericoli, i germi corrosivi che inquinano la vita delle persone, e a resistere al degrado morale, al peccato, testimoniando i valori dell’onestà e della fraternità, senza cedere alle lusinghe mondane dell’arrivismo, del potere, della ricchezza; e san Vitaliano continua a essere per noi, oggi, “luce” incoraggiandoci a vivere la nostra fede al di fuori di spazi ristretti, contribuendo a eliminare i pregiudizi, a eliminare le calunnie, e a far entrare la luce della verità nelle situazioni viziate dall’ipocrisia e dalla menzogna. Si tratta di una irradiazione che può derivare anche dalle nostre parole, ma deve scaturire soprattutto dalle nostre «opere buone».
Pensiamo nei duemila anni di storia della chiesa però quanta luce e quanto sale attraverso la testimonianza dei cristiani! Anche noi conosciamo persone così, che nel loro piccolo sanno essere persone positive, che non si arrendono mai e sempre disponibili…
“Non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio”, dice Gesù. Non ci si nasconde, non ci si comporta da timidi di fronte all’annuncio del vangelo. “Non può restare nascosta una città che sta sopra un monte”. Il minimo che si può chiedere a un cristiano è di non vergognarsi della propria fede e della propria identità cristiana, di essere se stesso, di non manifestarsi doppio.
Si è sale e luce con le “opere buone”, con la giustizia e la testimonianza della solidarietà. Questo vuol dire essere sale, che porta poi a diventare luce di impegno e di testimonianza.
Ci sono parroci della Sicilia e della Calabria che hanno trovato il coraggio di agire contro la mafia; don Pino Puglisi è uno di questi, e la sua vita illumina ancora oggi.
Si è sale e luce quindi non solo “a parole”, ma con le nostre scelte di vita. Questo vale per la chiesa nella sua visibilità pubblica, ma vale anche per la nostra vita personale, quotidiana, che deve apparire credibile in famiglia, nella comunità, nel nostro lavoro, nelle amicizie e nelle relazioni umane.
Essere sale e luce è in fondo un invito a vivere davvero il nostro battesimo. È lì che ci viene detto di essere sale del mondo e ci viene consegnata la luce della fede che deve accompagnare la nostra vita.
Papa Francesco ci ricorda che “Gesù ci invita a non avere paura di vivere nel mondo, anche se in esso a volte si riscontrano condizioni di conflitto e di peccato. Di fronte alla violenza, all’ingiustizia, all’oppressione, il cristiano non può chiudersi in sé stesso o nascondersi nella sicurezza del proprio recinto; anche la Chiesa non può chiudersi in sé stessa, non può abbandonare la sua missione di evangelizzazione e di servizio… La Chiesa si spende con generosità e tenerezza per i piccoli e i poveri: questo non è lo spirito del mondo, questo è la sua luce, è il sale. La Chiesa ascolta il grido degli ultimi e degli esclusi, perché è consapevole di essere una comunità pellegrina chiamata a prolungare nella storia la presenza salvifica di Gesù Cristo. San Vitaliano ci aiuti ad essere sale e luce in mezzo alla gente, portando a tutti, con la vita e la parola, la Buona Notizia dell’amore di Dio.