“Oggi, più che mai, nel mondo della comunicazione c’è bisogno di testimoni, di persone che non rincorrano i like, ma volti concreti”. È una delle indicazioni, che ha il sapore di un impegno, emerse dal Convegno organizzato dall’Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali della CEI, dal titolo “Utente e password. Connessione e profezia”, che si è svolto dal 24 al 26 novembre a Roma e al quale ha partecipato anche la nostra Diocesi.
Il Convegno ha offerto un qualificato contributo ai Cantieri Sinodali, che stanno animando il percorso delle Chiese in Italia, in particolare quello della strada e del villaggio. Con lo sguardo rivolto al 60° anniversario dell’approvazione del Decreto conciliare sugli strumenti di comunicazione sociale Inter Mirifica (2023), ha, inoltre, inteso celebrare alcuni snodi importanti: i 20 anni di Parabole mediatiche (2002); i 18 anni del Direttorio Comunicazione e Missione (2004); i 12 anni di Testimoni digitali (2010).
Diverse le domande che si sono poste i partecipanti provenienti dalle varie Diocesi italiane: Come il “camminare insieme” può creare spazi di ascolto reale? Di quali linguaggi dobbiamo diventare più esperti? Come possiamo imparare una lingua diversa dall’”ecclesialese”? Da quali attori o gruppi sociali possiamo imparare o avere imparato qualcosa?
In uno dei tanti interventi è stato ricordato come all’indomani della pandemia e nell’alveo del Cammino sinodale “gli operatori della comunicazione sociale possono giocare un ruolo fondamentale nel costruire un’immagine credibile e condivisa di Chiesa, non monolitica ma in cammino, capace di infondere speranza e di far convergere le energie, in modo profetico. La comunicazione ecclesiale non mira a vendere un prodotto, ma a generare comunione. Ecco allora che non si tratta di avviare operazioni di maquillage o di revisione, ma di ritornare al cuore della missione stessa della Chiesa: l’annuncio, semplice e vero, del Vangelo”.
Infine, Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali, nella sua riflessione ha ribadito che “ci è chiesto di attivare le energie migliori perché questo tempo non venga tradito da falsi profeti, ma sia ricomposto attraverso un’attenta lettura del passato (anche a livello sociale e soprattutto culturale) e venga così aperto nell’oggi a un futuro di speranza. Il dono della profezia aiuta a non disperdere un tesoro prezioso, ma a farlo fruttificare. Si tratta d’inserirsi all’interno di una storia che ci precede e che ci seguirà. Non siamo battitori solitari, ma tessitori di comunità. E vogliamo farlo attraverso la nobile arte della comunicazione, che non deve mai smembrare ma sempre ricomporre”.