Si è svolto domenica 11 dicembre il ritiro di Avvento con i Catechisti, gli Educatori e i capi Scout della Diocesi

Domenica 11 dicembre, presso la parrocchia “Santa Teresa di Gesù Bambino” di Catanzaro, si è tenuto il ritiro di Avvento con i Catechisti, gli Educatori e i capi Scout della Diocesi.

 

L’Arcivescovo, manifestando la sua gioia di incontrare i presenti, ha sottolineato che “ritagliare il tempo” per stare con il Signor è permettere a Lui di starci vicino e “scaldarci il cuore”. “E lo vogliamo sentire vicino – ha continuato –, intanto perché siamo suoi discepoli, […] e poi perché è venuto per mostrarci il volto di Dio […], un Dio che non è frutto delle nostre idee, dei nostri ragionamenti, ma un Dio che in tutto e per tutto è con noi, è per noi”.

 

Ricordando che “il desiderio è il sentimento dell’Avvento” ha sottolineato che “non dobbiamo aver paura di desiderare, dobbiamo aver paura di non desiderare, di non avere niente da desiderare, ma dobbiamo invece coltivare il desiderio di Lui, della Sua vicinanza perché senza di Lui la nostra vita sarebbe davvero un’altra cosa”.

 

Commentando il brano del Vangelo dell’Annunciazione e della Visitazione (Lc 1, 26-56), l’Arcivescovo ha poi evidenziato che non è necessario insegnare tante cose ai bambini, ai ragazzi, ma gli strumenti utilizzati devono servire solo a facilitare l’incontro con Gesù, che cambia la vita.

 

Maria è “la protagonista principale non perché guardiamo a lei come la meta del nostro cammino e del nostro desiderio, ma proprio perché lei ci aiuta, ci insegna a desiderare il Signore e a metterci in questo atteggiamento di attesa”. Maria nel Vangelo è presente ma parla poco e qui si alza e va in fretta da Elisabetta. “Ecco l’atteggiamento che ci suggerisce Maria, ecco la parola di Maria, è il suo esempio: alzarsi e andare in fretta”. Alzarsi quando siamo comodamente seduti “vuol dire sempre uno sforzo, vuol dire sempre vincere qualcosa, vuol dire sempre anche mettersi in discussione, perché seduti si sta meglio, perché seduti è il luogo dove è più facile ragionare, ma anche rimanere imprigionati nei nostri ragionamenti, in fondo è lì che ci viene la tentazione di dire: beh, ma chi me lo fa fare”.  Invece alzarsi è sempre vincere qualcosa. E farlo in fretta non è affrettarsi, ma è un desiderio dentro che ci spinge ad andare, a servire.

 

L’incontro con Elisabetta è caratterizzato da un altro incontro, quello tra Giovanni e Gesù. “Il bambino le danzò nel grembo […] l’incontro con Gesù è qualcosa che scatena gioia” e Maria canta il Magnificat. E ciò ci fa capire che in noi deve esserci il desiderio di vivere il Natale facendo memoria dell’incontro col Signore affinché “sia un momento di gioia per cui nel nostro cuore si possa cantare, nel nostro cuore si danzi, perché il Signore mi è venuto incontro, è venuto a visitarmi, lui desidera incontrarmi”.

 

L’Arcivescovo ha poi ricordato l’umiltà di Maria, che non è chinare il capo. “Quale è l’umiltà a cui ha guardato Dio? Certo, è l’umiltà di chi si è alzato e ha detto eccomi, non di chi ha chinato il capo. L’umiltà non è remissione. L’umiltà è riconoscere la nostra condizione, il saperci in realtà quelli che siamo. […] Riconoscerci per quello che siamo, senza l’arroganza di chi si crede super, e senza neanche una contro-arroganza di chi si crede niente. […] Dio guarda a questa umiltà. È questa la grandezza: Dio guarda alla mia umiltà, a quello che sono. E mi apprezza e sono prezioso per Lui così come sono, anche con il bagaglio delle mie fragilità. […] Dio guarda e fa grandi cose. È lui che è grande. Noi a immagine sua dobbiamo condividere la nostra disponibilità e soprattutto il nostro desiderio di salvezza, cioè di essere quello che lui ha pensato per noi”.

 

A conclusione, Mons. Maniago ha auspicato che “il Magnificat divenga il nostro canto, perché impariamo da Maria a non fare discorsi, ma a cantare a Dio. Cantare in modo saggio perché Maria canta non con sentimentalismo, ma canta con uno sguardo di fede e mentre canta è generosa e ci fa vedere un Dio all’opera nella sua vita e, attraverso di lei, nella nostra vita, nella vita della storia, dell’umanità, delle nostre comunità. Questo ci dà gioia, questo ci dà coraggio, questo ci aiuta a vivere il nostro cammino di fede e anche il nostro servizio ecclesiale”.