Se ritorniamo nell’abbraccio del Signore potremo riscoprire la bellezza della preghiera

Pubblichiamo di seguito il testo dell’Omelia della celebrazione Eucaristica con il rito di benedizione e di imposizione delle ceneri, tenuta da S.E. Mons. Claudio Maniago:

 

Il “Mercoledì delle Ceneri” è un giorno importante del cammino del nostro anno liturgico. L’itinerario privilegiato del cammino della Chiesa che stiamo vivendo è una porta che si apre con semplicità e con umiltà su un cammino, su un percorso, su una tappa importante che ci sta aspettando: la Quaresima.

 

Troppo spesso pensando alla Quaresima noi pensiamo un tempo triste, quasi privato delle cose belle e importanti della vita. Fino a ieri si è fatto Carnevale, ci si è divertiti, si è pensati di alleggerire la nostra vita anche con qualche sorriso in più. Ecco che invece la Quaresima sembra quasi farci ripiombare in un clima molto più triste, appunto di privazione soprattutto delle cose belle della vita. Come se la Penitenza, una parola che risuona nel cammino della Quaresima, sia un privarci di qualcosa, sia un punirci, perché magari ci godiamo troppo la vita. E quindi è come un ritornare invece alla pesantezza, alla gravità, alla difficoltà della vita di tutti i giorni. Beh, se fosse questa la Quaresima, la porta che si apre davanti a noi, in questa giornata, sarebbe da evitare, perché non abbiamo proprio bisogno di un tempo in cui deprimerci ancora di più, soprattutto interiormente.

 

Quello di cui abbiamo bisogno invece è davvero di riscoprire i motivi più profondi della nostra vita che per questo ci danno gioia e speranza anche nel momento in cui dobbiamo affrontare momenti impegnativi e faticosi. Abbiamo bisogno di capire perché possiamo e dobbiamo ancora vivere una speranza in un mondo che è, sempre più manifestamente, un mondo diviso; un mondo in cui si cerca spasmodicamente ciò che ci divide gli uni dagli altri piuttosto che, invece, perseguire le strade che sarebbero della convivenza pacifica che sarebbe evidentemente anche portatrice di tante cose belle.

Perché dovremmo ancora avere speranza, credere che si possa cambiare? Perché dovremmo credere? Credere ancora che nel nostro Paese, nella nostra Regione, la giustizia sia ancora il valore più importante, che la legalità sia qualcosa per cui valga la pena ancora lottare nel nostro piccolo tutti i giorni. Credere perché valga la pena, nonostante di fronte alle continue riproposizioni di momenti di difficoltà e di fatica che penalizzano soprattutto le persone più povere, dovremmo avere speranza e deprimerci ancora di più in un mondo in cui sembra che le persone che stanno bene stiano sempre meglio, mentre quelle che sono in difficoltà stanno sempre peggio? Perché avere speranza in un mondo così?

E se il Signore venisse ad aprirci una porta per dirci che in questo mondo non c’è che da star male? Beh, potremmo dire al Signore “a cosa vale tutto questo”? E dov’è soprattutto la sua mano tesa, quella è venuto a portarci venendo qui, in mezzo a noi e assumendo la nostra natura umana?

 

È chiaro che invece si apre davanti a noi una porta che ci introduce in un cammino, quello della Quaresima, che è un cammino di gioia. Sì, è un cammino gioioso e di una gioia ben più importante di quella che si vive giustamente nei giorni di Carnevale. Quella è una gioia che vale un giorno, vale un’ora, vale un momento e serve forse soltanto per distrarci un pò.

La gioia di cui parliamo, al contrario, è essere convinti che vale la pena vivere la mia vita con tutte le sue fatiche e le sue difficoltà che vale la pena viverla nella mia famiglia, con tutte le sue fatiche e difficoltà; vale la pena viverla nella nostra comunità, nella nostra città, nella nostra regione, con tutte le sue breve forti difficoltà. Vale la pena vivere in questo mondo, vivendo la nostra vita, l’avventura della nostra vita.

Ecco, questa è la gioia che ci viene offerta già dall’ingresso di questo itinerario che è la Quaresima, quasi come un invito a iniziare un cammino che ci farà gustare questa gioia e anzi, arrivando alla meta di questo cammino che è la Pasqua del Signore, ci farà contemplare con stupore che la nostra speranza non è un vago sentimento, ma è una persona, Gesù Cristo, Dio in mezzo a noi. È Lui la nostra speranza. E infatti all’ingresso di questa porta, all’ingresso di questo cammino, che cosa ci dice oggi la Parola?

 

La prima parola che è risuonata e che fa da filo conduttore di tutta questa celebrazione è stata: “Ritornate a me con tutto il cuore” (Gl 2,12.1). Il Signore non ci dice genericamente di fare i buoni, di smettere di cercare sempre il male e di volere il male gli uni degli altri, di smettere di perseguire sempre le vie dell’odio e della divisione. No, non ci dice così. Il Signore ci dice: “Ritornate a me”, ci invita ad andare incontro a Lui, ci invita a metterci nelle sue braccia, a consegnarci al suo abbraccio amoroso, che non è niente di sentimentale e mistico, ma al contrario è la sensazione di trovarsi nell’abbraccio di una persona cara. E se la vita ci avesse privato di tanti abbracci di questo genere? Non possiamo dimenticare quello di nostra madre, quando nell’esperienza della nostra infanzia, della nostra adolescenza, abbiamo provato un momento di paura e di smarrimento e quanto quell’abbraccio ci dava sicurezza. Non c’è età per desiderare e vivere questo abbraccio. Un abbraccio che ci dice che non siamo soli, ma che camminiamo insieme e insieme risolviamo le cose. L’invito del Signore allora oggi è di ritornare a Lui, di gettarci nelle sue braccia e di farlo con fiducia, nonostante tutte le difficoltà, le fatiche, nonostante il nostro peccato. Neanche il peccato ferma il Signore dallo spalancare le sue braccia per noi, perché Lui vuole davvero il nostro bene, Lui ci ama, il suo è un amore vero che non solo ci consola.

 

Dalla Quaresima dobbiamo dovremmo uscirne rigenerati, perché l’abbraccio del Signore non è semplicemente una generica consolazione, perché nelle sue braccia ritroviamo il senso più profondo della nostra esistenza, l’entusiasmo di vivere, il sentire di nuovo che la vita che il Signore ci ha donato va vissuta con coraggio, senza paura; va vissuta con speranza, senza abbattersi, senza abbandonarsi a solitudini che ci portano davvero alla disperazione.

Ecco perché, all’inizio di questo cammino e a seguito all’invito forte di ritornare a Lui, il Signore ci dice che cosa vuol dire tornare a Lui, tornare a percepire il suo amore. E di conseguenza cominciare a vivere secondo questo amore.

 

Se questo abbraccio ci ha consolati, dobbiamo diventare noi stessi operatori di consolazione intorno a noi. Se questo abbraccio ci ha perdonati, noi dobbiamo diventare strumenti di perdono nella nostra vita. Se questo abbraccio ci ha riconciliati con il Signore, noi dobbiamo impegnarci a vivere momenti di riconciliazione fra noi. E se il Signore in questo abbraccio ci ha fatto sentire anche tutto il suo donarsi a noi, dobbiamo diventare persone che imparano ad amare gli altri con un amore di donazione e non con amore egoistico che pensa che tutto il mondo ruoti intorno a noi. Allora questo abbraccio diventa per noi vita nuova, perché ci aiuta a vivere in modo diverso.

 

Ed ecco gli strumenti della Quaresima, che sono non tanto degli esercizi da fare a casa come compiti a scuola. Sono invece gli strumenti che abbiamo perché questo amore del Signore passi nelle nostre braccia, nella nostra mente, nel nostro cuore e diventi vita per noi, vita nuova.

E soltanto se noi ritorniamo nell’abbraccio del Signore, allora noi potremo riscoprire la bellezza della preghiera. Tante volte siamo quasi turbati e ci mettiamo a pregare. Cosa dobbiamo dire? Ma la preghiera non è un dire qualcosa! La preghiera è, prima di tutto, un ritornare a Lui. Quando noi ci chiudiamo nella nostra camera, cioè facciamo un pò di silenzio attorno a noi, la cosa da fare è mettersi nelle braccia del Signore, ridirlo a lui: “Eccomi, Signore, sono tornato a te, sono quello che sono e tu mi conosci. Ma io ritorno a te”.

E quando sono di fronte a un fratello o una sorella che ha bisogno, la mia elemosina non è semplicemente il mettere a posto la coscienza con un gesto materiale, ma è il fare gesti concreti di amore e di carità verso gli altri che spesso non c’entrano niente con il denaro; anzi i veri gesti di carità sono quelli che si fanno vincendo il nostro egoismo. Quanto tempo è che non telefono a quella persona e so che quella persona aspetta la mia telefonata. Quanto tempo è che non parlo con questa persona? Perché magari anche qui mi porto dietro catene pesantissime dovute a chissà come, chissà quanto. Preferisco soffrire, star solo, piuttosto che vivere la libertà che viene dall’amore di Dio, vissuto nella concretezza di tutti i giorni.

E anche il mio digiuno, il saltare il pasto, venir meno alla carne, sono piccoli segni, ma non è quello è che ci riporta nelle braccia del Signore. Quello è il segno che invece stando nelle braccia del Signore riscopriamo che cosa è davvero importante. Quello è il segno per cui siamo disposti a fare anche qualche sacrificio, ma quante volte nella nostra vita, quando c’è qualcosa che ci preme, non importa che sia indispensabile per la nostra vita, ma ci preme, siamo disposti a fare sacrifici? Quanti sacrifici faccio, quanti pasti saltiamo pur di essere presenti in un luogo che ci sta particolarmente a cuore? Se la via che Lui ci propone per noi è davvero digiunare, è il momento in cui, come dice il Vangelo, ci dobbiamo profumare il capo, dobbiamo essere più belli del solito, perché con questo piccolo sacrificio diciamo che abbiamo scoperto una cosa importante, che cioè vale la pena vivere.

 

Entriamo allora con gioia in questa porta! Il segno della cenere sia il segno di una nostra consapevolezza che il grido del Signore è forte su di noi. E noi, con umiltà, ma anche con la gioia nel cuore, chiniamo il capo e ci gettiamo nelle braccia del Signore. La sua misericordia ci plasmerà se saremo docili in questa Quaresima e ci aiuterà a rigenerare la nostra vita. Perché l’essere cristiani non vuol dire essere o fare qualcosa di meno, ma vuol dire invece vivere con pienezza la nostra vita, riuscendo a trovare il senso più profondo di ogni nostra giornata, di ogni nostra ora, di ogni attimo della nostra vita.