Il Santuario Diocesano “Santa Maria delle Grazie” in Torre di Ruggiero (CZ) ha accolto anche quest’anno, nel tradizionale appuntamento festivo della Natività della beata Vergine Maria, pellegrini e devoti che si sono ritrovati a pregare “un cuor solo e un’anima sola” ai piedi della Madonna delle Grazie, qui venerata dal 1677.
Una ricorrenza religiosa che coinvolge anche la comunità civile e che ha radici profonde nella storia e nella cultura locale, rafforzando l’identità sociale e religiosa degli abitanti. Culmine dei festeggiamenti è stata la solenne concelebrazione Eucaristica presieduta dall’Arcivescovo Metropolita di Catanzaro-Squillace, S.E. Mons. Claudio Maniago, che ha parlato al cuore dei pellegrini assiepati nell’anfiteatro attiguo al Santuario.
Il primo richiamo Mons. Maniago lo ha riservato al mese del Creato e alla necessità di un impegno sempre più forte per la cura del territorio: “La nostra Diocesi ricomincia e riparte da qui, da questo luogo, dono che Dio ci fa” ha detto il presule. “Questa bellezza non è un caso: è un dono e i doni vanno meritati, custoditi e fatti fruttare. Una volta di più ci giunge il messaggio di una bellezza che ci è donata e di cui noi dobbiamo farci carico, ognuno secondo le nostre responsabilità, che vanno da quelle ecclesiali prima di tutto, certo, a quelle istituzionali, a quelle poi personali. Questo dono prezioso, il Creato, la casa comune, è un dono per tutti, è un dono di tutti e per questo chiede la responsabilità di tutti: da chi deve fare le leggi, da chi le deve fare rispettare, da chi deve pregare in luoghi come questi per renderli ancora più belli. Intanto ripartiamo da qui, consapevoli che in questo luogo, in questa terra, il Signore ci ha chiamato a vivere la nostra vita, a spenderla non nel desiderio di essere altrove: Dio ci liberi da questa tentazione!”.
Rifacendosi al prossimo inizio dell’anno pastorale, Mons. Maniago ha invitato a guardare a Maria: “Vogliamo ripartire da Maria e dal suo modo di ascoltare, certo silenzioso, ma che poi sa culminare in un “sì” che è consapevolezza, che è adesione al progetto di Dio, che è un volersi mettere in gioco secondo la volontà di Dio. Ascoltiamo quindi come Maria, per arrivare come lei a dire il nostro sì alla vita di cristiani che siamo chiamati a vivere nella nostra condizione, nel nostro Paese, nella nostra famiglia, nella nostra comunità parrocchiale, in questa regione. Vogliamo imitare Maria anche nella sua gioiosa esuberanza, perché Maria, dopo aver accolto la Parola di Dio, si è alzata e si è messa in cammino, ha dato vigore alle sue membra. E, non a caso, è andata là dove c’era bisogno, da sua cugina Elisabetta. Ecco, allora noi vogliamo imitare quell’entusiasmo, perché vogliamo davvero liberarci da una forma di pigrizia interiore che ci tiene fermi a lamentarci, un po’ inchiodati e seduti nella nostra vita. Vogliamo invece alzarci, vogliamo mettere in moto i nostri muscoli, i muscoli interiori, quelli del nostro Spirito, quelli che il Signore ci ha dato. Vogliamo mettere lì le nostre energie, quelle che alimentiamo con la nostra preghiera. In questo nostro imitare Maria vogliamo andare dove c’è bisogno, intanto con la nostra preghiera: anche il nostro impegnarci a pregare per la pace, per cercare di arginare, anzi sconfiggere questa piaga terribile che ancora continua a spargere sangue”.
Un richiamo forte l’Arcivescovo lo ha riservato poi alla bellezza delle tradizioni, ma anche alla necessità di rinnovarle alla luce del Vangelo: “È curioso, se non addirittura imbarazzante e scandaloso – ha detto Mons. Maniago – che i cristiani certe volte, in certi campi, pensino che fare del male agli altri non sia poi così lontano dall’annuncio del Vangelo, non sia così ostile e lontano da quella donna, Maria, che per noi è madre. La frase che sentiamo spesso è che “in fondo si fa così e si è sempre fatto così”. Noi cristiani non possiamo più accettare questa cosa. Ecco perché, guardando a Maria, vogliamo ascoltare con cuore aperto la Parola che il Signore ci ha rivolto, in particolare quella pagina di Vangelo in cui vediamo Gesù di fronte a una persona malata, un sordomuto, una persona cioè impedita nelle relazioni, una persona chiusa, diremmo purtroppo per una malattia. Gesù si china su di lui in maniera molto concreta. Lo tocca sulle labbra, lo tocca nella bocca, lo tocca nelle orecchie. E poi dice una grande parola, grande, perché risuona ancora per noi, oggi, una parola importante: “Apriti!”. Certo, si riferiva a quella bocca, a quella lingua, a quelle orecchie, a quella persona. Ma noi possiamo dire oggi questa parola che è appena risuonata, è rivolta a noi. “Apriti sorella e fratello alla vita di fede; apriti alla vita delle nostre comunità, apriti alla vita della Chiesa, popolo in cammino. Apriti ad accogliere scavalcando quella forma di individualismo che rasenta, anzi spesso si trasforma, in egoismo, se non addirittura in una forma di egocentrismo. Cerca di accogliere la bellezza e la ricchezza delle realtà che hai intorno e che guarda. Il Signore ti pone vicino la bellezza delle relazioni che hai nella tua comunità parrocchiale; la bellezza del dono, dell’amore che tu hai nella tua famiglia; la bellezza del luogo dove sei, della realtà dove sei, insieme a tante difficoltà, fatiche, anche sofferenze. Ma apriti!”.
“Gesù lo dice alle nostre comunità parrocchiali – ha concluso l’Arcivescovo – che tanto spesso si rinchiudono in certe realtà o abitudini che noi chiamiamo falsamente tradizioni. La tradizione è qualcosa che si tramanda. Quello che sta nel cuore delle nostre vere tradizioni è la fede nel Signore, è la nostra venerazione di Maria, è la nostra venerazione dei Santi, nostri compagni di viaggio. Questa è la tradizione! Tante volte noi copriamo la tradizione con tanti modi di fare di cui diventiamo estremamente gelosi, chiudendoci a quella che invece è la bellezza dell’esperienza della fede, che passa anche attraverso tante cose importanti che ci vengono da chi ci ha preceduto nel dono della fede, da chi ci ha preceduto nelle comunità. E allora anche oggi il Signore dice per noi, per le nostre comunità, per la nostra Chiesa: “Apriti! Basta dire “si è sempre fatto così”! Apriti, non rinnegando il passato, ma rivivendo con la luce, con la sapienza che viene dallo Spirito e non dalla chiusura di pensieri che ormai sono così piccoli e gretti da produrre solo del male!”.
Mons. Maniago ha, infine, augurato a tutti di “rinnovare il nostro impegno e rigenerare il nostro cammino, ripartire con entusiasmo, certi che la nostra speranza è fondata su di Lui. Lui che viene vicino, tocca la nostra esistenza, la rende nuova, la rende gioiosa, la fa risplendere. Maria Santissima è per noi davvero un punto di riferimento importante, una stella. Ripartiamo da qui, ripartiamo con Lei, ripartiamo fedelmente accanto a Lei perché Lei ci indichi la via che è Gesù, suo Figlio”.