Omelia del Card. Bassetti in occasione dei 900 anni della Cattedrale

Fratelli e sorelle carissimi, con grande gioia e gratitudine al Signore, celebro quest’oggi la santa Eucaristia insieme a voi. Ringrazio per l’invito il carissimo vescovo Claudio, al quale mi legano vincoli di profondo affetto, essendo egli stato allievo del Seminario Diocesano di Firenze, quando io ero rettore.

 

Saluto e ringrazio i vescovi e i sacerdoti presenti, i diaconi, i consacrati e le consacrate, e tutto il popolo di Dio. Porgo uno speciale ossequio a tutte le autorità intervenute.

 

L’occasione di questa solenne celebrazione rientra in quelle previste per ricordare i novecento anni dalla fondazione della cattedrale di Catanzaro, avvenuta nel 1122 in epoca normanna e dedicata da Papa Callisto II a Santa Maria Assunta e agli Apostoli Pietro e Paolo, oggi purtroppo ancora chiusa a motivo dei lavori di restauro.

 

La celebrazione di un centenario così prestigioso come la fondazione della cattedrale è un’occasione per riflettere sulla nostra fede in Dio, e sul mistero della sua presenza tra noi.  Anche la bellezza è un segno della presenza di Dio, che si manifesta non solo in tutte le sue creature – come ci ricorda  Francesco d’Assisi – ma anche nelle opere delle mani dell’uomo.

 

Ogni chiesa, specialmente la cattedrale, racchiude in sé qualcosa di speciale. Essa, nella semplicità o nello splendore dell’arte costruttiva, esprime una primordiale esigenza umana: incontrare il sacro, il mistero, l’indicibile; incontrare Dio che si fa presente in mezzo agli uomini e con loro vuole abitare e comunicare.

 

Così dunque, il primo e fondamentale significato del tempio è quello della presenza di Dio nell’uomo, mediante la grazia. «Il tempio è il luogo della grazia! Questo primo fondamentale significato si arricchisce mediante un espressivo approfondimento: tempio è il luogo della comunità!», come disse san Giovanni Paolo II, salendo qui a Catanzaro nel giorno della dedicazione della cattedrale il 6 ottobre del 1984.

 

«Il mistero della Chiesa deve manifestarsi nella dedicazione del tempio principale dell’arcidiocesi – proseguì il santo pontefice – L’edificio di pietre deve servire ai fedeli perché in esso e per esso diventino veramente “il tempio di Dio”. Perciò l’edificio è stato “consacrato” perché diventasse “tempio di Dio”, luogo di una presenza speciale della santissima Trinità. Nella sua stessa struttura e soprattutto mediante la dedicazione, la cattedrale di Catanzaro esprime durevolmente il mistero della Chiesa, come comunità del popolo di Dio e, insieme, il mistero dell’uomo, come tempio vivo in cui abita il Dio vivente».

 

Carissimi, nel cammino verso la Pasqua, la liturgia della Chiesa ci fa riflettere sul divenire della rivelazione della nostra salvezza, a partire dagli antichi padri del popolo ebraico, fino al avvento glorioso del Cristo.

 

Nella lettura dal libro di Giosuè si racconta la prima Pasqua celebrata dai figli di Israele dopo l’ingresso nella Terra promessa. Abbiamo notato, però, che questa Pasqua è festeggiata vicino a Gerico, con le tribù accampate «nelle steppe» di quella regione (Gs 5,10): gli ebrei non hanno ancora delle case e, soprattutto, quello che manca loro – e che non sarà costruito secoli dopo, dal re Salomone – è un tempio nel quale immolare l’agnello pasquale.

 

Di una casa si parla anche nella bellissima pagina del vangelo, con la nota parabola “del figlio prodigo” (o “del padre misericordioso”). Il figlio minore lascia la casa paterna, e dopo aver intrapreso vie che lo porteranno lontano e gli provocheranno tristezza e nostalgia, pentitosi, tornerà poi finalmente a casa, dove il padre lo accoglierà, lo perdonerà e lo reintegrerà nella dignità di figlio.

 

La casa è il luogo dove il Padre accoglie tutti i suoi figli, anche quello maggiore, che, però udite la musica e le danze per il fratello ritrovato,  si indigna e non vuole entrare. «Suo padre allora», abbiamo ascoltato, «uscì» dalla casa «a supplicarlo» (15,28).

 

Carissimi fratelli e sorelle, la Parola di Dio di questa domenica illumina tante storie di uomini e donne, e ci permette anche di scorgere nel simbolo della Cattedrale – come quella di Catanzaro, di cui celebriamo il nono centenario – la casa di tutti noi. La Chiesa, rappresentata dalla Cattedrale, è la casa di coloro che vi sono rimasti, è la casa di quelli che se ne sono andati (ma che possono sempre tornarvi), è la casa anche di quelli che non vogliono rientrarvi.

 

Da queste considerazioni possiamo passare alla nostra attualità.

 

Sul piano ecclesiale, voglio ricordare che il cammino sinodale intrapreso da tutte le Chiese del nostro Paese ha compiuto il suo primo passo nell’ascoltare. Si è trattato di una tappa importante, che ha permesso di raggiungere non solo quelli che “si sentono a casa”, ma anche e soprattutto quelli che non partecipano più alla vita della Chiesa, perché si sono allontanati o sono indifferenti. Prenderemo in considerazione, nei prossimi mesi, tutte le istanze che ci sono pervenute, ma già da ora dobbiamo pensare a come rendere la Chiesa più accogliente e attenta non solo a coloro che la “abitano”, ma soprattutto a coloro che non entrano più in quella casa.

 

Ma poi, in questo tempo così difficile, ormai a un mese dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, non possiamo non pensare alle case distrutte in quella nazione, alle famiglie profughe, alle case che serviranno all’Europa per accogliere milioni di persone che non hanno più una dimora.

 

Conosciamo, poi, il dramma dell’emergenza abitativa, anche nel nostro Paese e in questa splendida regione. Esso viene da lontano, a causa delle difficoltà economiche che adesso si acuiscono ancora di più a causa della crisi e della pandemia che hanno provocato la perdita di posti di lavoro e di ricchezza sociale. Auguro a questa città di Catanzaro e all’intera regione Calabria, che passato questo periodo di emergenza, possano conoscere un nuovo tempo di sviluppo e di prosperità.

 

La Chiesa sarà sempre vicina a chi soffre, ma anche comunità viva che accompagna l’intera società, la edifica e l’arricchisce con la propria storia di fede e di arte e, soprattutto, con il messaggio di speranza, capace di far intravedere orizzonti nuovi a tutte le generazioni, alla luce del Cristo risorto. Amen!