Si è celebrata oggi, domenica 8 dicembre, presso la Basilica “Maria SS. Immacolata” di Catanzaro, la Solennità dell’Immacolata Concezione della beata Vergine Maria.
Di seguito riportiamo l’Omelia che l’Arcivescovo ha tenuto durante la celebrazione Eucaristica:
Cari fratelli e sorelle, è bello pensare e credere, che la storia della Salvezza, questa storia d’amore tra Dio e gli uomini, non inizia, come ci racconta Genesi, con quel “In principio…”, ma c’è qualcosa che lo precede e un po’ ci accenna qualcosa Paolo in questo splendido inno nella Lettera agli Efesini, dove Paolo benedice il Padre del Signore Nostro Gesù Cristo, perché Lui da sempre ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale, nei cieli, in Cristo: un padre che ci ha scelti prima della Creazione del mondo, per essere santi e immacolati di fronte a Lui nella carità, predestinandoci a essere figli adottivi mediante Gesù Cristo.
Da sempre siamo pensati e amati da Dio! In un certo senso c’è un concepimento che precede il concepimento di nostra madre e Dio, che ancor prima addirittura che ci fosse il mondo, tutta la creazione che possiamo contemplare, sempre più nei dettagli, nei particolari, questo Dio ci ha pensato, ci ha amato, ci ha concepito; e ci ha fatti eredi di un’eredità che noi ancora non comprendiamo e che Gesù è venuto a raccontarci.
Ed è vero, fratelli e sorelle, che Dio continuamente a ognuno di noi manda il Suo Angelo e ci dice: “Rallegrati, pieno/a di Grazia: il Signore è con te!” E davvero lo siamo: si tratta semplicemente, come Maria, di diventare sempre di più un grembo accogliente, per custodire quella vita che Dio ci comunica continuamente e che poi, come Maria, siamo chiamati a portare anche agli altri: è quello che farà, da lì a poco, quando andrà da Elisabetta.
In questa solennità dell’Immacolata Concezione contempliamo l’opera che Dio ha compiuto in Maria per rendere grazie e rinnovare la nostra riconoscenza, ma anche per rileggere e registrare il senso della nostra stessa vita. Ciascuno di noi ha dei bisogni e delle aspirazioni. È bello e giusto che sia così, perché bisogni e aspirazioni mettono in moto il desiderio, la ricerca, le scelte, i comportamenti. Ma ci accorgiamo presto che l’itinerario della nostra vita s’intreccia con l’itinerario degli altri e spesso si aggroviglia. Il nostro benessere dipende anche dal comportamento degli altri e il benessere degli altri è consegnato anche alle nostre scelte.
La parola di Dio è illuminante anche oggi: la vicenda di Maria ci ricorda che la vita va considerata come impegno nella realizzazione di relazioni interpersonali e sociali che siano giuste e che difendano il bene di tutti; in questo caso sono responsabile non solo della mia felicità, ma anche, per quanto è nelle mie possibilità, della felicità degli altri. Posso tendere alla mia realizzazione, ma debbo tenere conto e farmi carico anche della realizzazione degli altri. La visione cristiana della vita è, su questo versante, chiara. Vivere è vocazione, è chiamata di Dio, è responsabilità davanti a Dio dal quale abbiamo ricevuto tutto quello che siamo ed è responsabilità a favore degli altri che Dio ci affida come fratelli.
È significativo che quando il libro dell’Apocalisse descrive la piena beatitudine dell’umanità, la presenta sotto forma di una città, la santa Gerusalemme che scende bella dal cielo, ornata come una sposa che va incontro allo sposo. Volendo immaginare la beatitudine, noi avremmo pensato piuttosto a paesaggi rurali, fatti di ruscelli tranquilli, di animali addomesticati, di prati riposanti. E invece Giovanni vede una città. Lo stare insieme degli uomini non è per lui un limite posto alla libertà individuale, ma piuttosto un’opportunità di pienezza offerta al singolo.
Gli altri possono essere per noi l’inferno e possono essere per noi il paradiso; tutto dipende da come si imposta la relazione con Dio e con loro. Il disegno di Dio è che gli uomini vivano gli uni per gli altri nello scambio reciproco di rispetto, di amore, di perdono. Ed è solo nella realizzazione di questo progetto che possiamo trovare felicità autentica.
Questa nostra Festa allora, così cara e importante per la nostra Città e per la Diocesi intera, non è semplicemente un’occasione per contemplare Maria, nostra Patrona, in tutta la Sua bellezza, in tutto il Suo splendore, in tutta la Sua grandezza, ma è una festa dell’impegno! Maria ancora una volta ci provoca a dire il nostro Sì, c’invita a fare la nostra scelta: ci domanda da che parte vogliamo stare! A noi, fratelli e sorelle, ecco la decisione: seguire l’esempio di Maria oppure, ahimè, quello dei nostri progenitori.
Anzitutto, ci colpisce sempre, e ci fa riflettere, il fatto che quel momento decisivo per il destino dell’umanità, il momento in cui Dio si fece uomo, è avvolto da un grande silenzio. L’incontro tra il messaggero divino e la Vergine Immacolata passa del tutto inosservato: nessuno sa, nessuno ne parla. È un avvenimento che, se accadesse ai nostri tempi, non lascerebbe traccia nei giornali e nelle riviste, perché è un mistero che accade nel silenzio.
Ciò che è veramente grande passa spesso inosservato e il quieto silenzio si rivela più fecondo del frenetico agitarsi che caratterizza le nostre città, ma che – con le debite proporzioni – si viveva già in città importanti come la Gerusalemme di allora. Quell’attivismo che ci rende incapaci di fermarci, di stare tranquilli, di ascoltare il silenzio in cui il Signore fa sentire la sua voce discreta.
Maria, quel giorno in cui ricevette l’annuncio dell’Angelo, era tutta raccolta e al tempo stesso aperta all’ascolto di Dio. In lei non c’è ostacolo, non c’è schermo, non c’è nulla che la separi da Dio. Questo è il significato del suo essere senza peccato originale: la sua relazione con Dio è libera da qualsiasi pur minima incrinatura; non c’è separazione, non c’è ombra di egoismo, ma una perfetta sintonia: il suo piccolo cuore umano è perfettamente «centrato» nel grande cuore di Dio.
Ecco, cari fratelli e sorelle, la solennità che stiamo celebrando oggi, ci ricorda prima di tutto che la voce di Dio non si riconosce nel frastuono e nell’agitazione; il suo disegno sulla nostra vita personale e sociale non si percepisce rimanendo in superficie, ma scendendo ad un livello più profondo, dove le forze che agiscono non sono quelle economiche e politiche, ma quelle morali e spirituali. È lì che Maria ci invita a scendere e a sintonizzarci con l’azione di Dio.
In questo tempo di Avvento, Maria Immacolata ci insegni ad ascoltare la voce di Dio che parla nel silenzio; ad accogliere la sua Grazia, che ci libera dal peccato e da ogni egoismo; per gustare così la vera gioia. Maria Immacolata, piena di grazia, prega per noi, custodisci la nostra Città, abbi cura della nostra Diocesi!