I nostri passi, in questo inizio di anno liturgico, si fanno sempre più incalzanti verso il Natale, il primo grande momento in cui il Signore ci chiede quasi di rallentare e di vivere con maggior consapevolezza i pilastri della nostra fede. Ormai lo si comincia a intravedere, e anche la Parola di Dio, che scalda i nostri cuori e al contempo ci incita e ci provoca, ce lo conferma.
Ogni volta che ci raduniamo in ascolto della Parola, non dimentichiamolo, è Cristo stesso che ci annuncia il suo Vangelo. Come ci ricorda il Concilio con parole di grande bellezza, quando siamo riuniti nelle nostre comunità la domenica, è il Signore stesso che ci parla, oggi, qui, a noi, attraverso le letture proclamate con dignità e attenzione.
Ed ecco, allora, che in questa domenica, nonostante il colore viola delle vesti liturgiche ci richiami a un cammino intenso e raccolto, percepiremo la gioia come tratto indispensabile dell’esperienza di fede. Perché incontrare il Signore non può che portare gioia nei nostri cuori.
Questa è la domenica “Gaudete”, in cui siamo chiamati a essere nella gioia. Non una letizia superficiale, un semplice sorriso di fronte a uno scenario che ci circonda e che, a dirla tutta, offre ben pochi motivi per sorridere. Al contrario, è la consapevolezza che proprio in un mondo segnato da problemi sociali, difficoltà e fatiche di ogni genere, proprio quando, superata una sfida, se ne aprono innumerevoli altre e la tentazione è quella di ripiegarsi su noi stessi e di lamentarci, ecco, proprio in quel momento, il Signore viene a donarci la sua gioia.
Una gioia che non è l’illusione di chi non ha problemi. No, noi rimaniamo immersi nella storia, dobbiamo “sporcarci le mani” in essa, esserne protagonisti con speranza. Una speranza che viene dall’incontro con Lui, una speranza che si trasforma in fiducia. E allora, sì, allora possiamo provare gioia! La gioia di chi sa che la presenza del Signore è viva e reale.
Nel giorno di Natale, faremo memoria di un evento straordinario: Dio ha scelto di entrare nella storia, di farsi uno di noi, di assumere la nostra natura umana e di trasfigurarla, mostrandoci la sua bellezza e le sue potenzialità.
Di fronte a questo progetto grandioso, di fronte alla promessa di rimanere con noi fino alla fine dei tempi, non possiamo che vivere con una gioia che nasce dalla speranza. Perché sappiamo che le tenebre – le notizie di violenza, di dolore, di ferite che sembrano avere il sopravvento – non prevarranno. Noi crediamo che la luce di Cristo continua a illuminare il mondo.
Certo, tocca a noi, testimoni del Signore, essere riflesso di questa luce con la nostra piccola, povera, ma importante testimonianza. E questa non può scaturire da volti tristi, da cuori chiusi nelle difficoltà e nelle fatiche. Il volto della gioia è il volto di chi ha trovato, di chi ha scoperto. Come quando, smarrito qualcosa di prezioso, lo ritroviamo e il nostro volto si distende in un sorriso.
Dobbiamo annunciare con la nostra gioia che abbiamo incontrato il Signore, che Egli è venuto per tutti, nessuno escluso. E allora, verrebbe da chiedersi: come può Giovanni Battista, figura così austera, parlarci di gioia? Proprio lui che, nel suo appassionato preparare la strada, nel suo cercare il Signore, esplode in quel grido che la Chiesa ha fatto suo: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo!”. Tutta la sua predicazione, il suo richiamo alla conversione, il suo appello a “spianare i colli e a riempire le valli”, trovano il loro compimento nell’annuncio gioioso dell’Agnello di Dio.
Con questo grande profeta, il più grande, come dice Gesù, vogliamo vivere questa domenica, contemplando la presenza del Signore, purificando gli occhi del nostro cuore per cogliere i segni della sua presenza e poter dire, nel profondo del nostro cuore e con la testimonianza della nostra vita: “Ecco l’Agnello di Dio, la nostra speranza, la luce che non si spegne più!”.
Cari fratelli e sorelle, accogliamo l’invito alla gioia, impegniamoci a far emergere ciò che dona gioia a noi e agli altri. Buona domenica.