Nella nostra esperienza umana, quando c’è qualcosa di importante che segna la nostra vita, ce la vogliamo ricordare, con interesse e con impegno.
Noi, tutti gli anni, vogliamo ricordare quello che è accaduto quel giorno quello che è accaduto quel mese, perché ha segnato la nostra vita. È un modo umano per tenere sempre presente le cose che contano davvero, quelle su cui costruiamo la nostra vita. Sono ricordi belli, sono ricordi talvolta dolorosi, ma sono ricordi importanti che hanno segnato e costruiscono la nostra vita.
Ecco perché noi cristiani, tutti gli anni, il 25 dicembre, celebriamo il Natale del Signore. Intanto perché vogliamo ricordare qualcosa di veramente importante, importante per noi cristiani, importante in verità per tutta la comunità, la Chiesa, coloro che credono in Gesù Cristo.
In verità parliamo anche di un ricordo, di un avvenimento storico che ha segnato anche le sorti dell’umanità, perché per noi la nascita di Gesù è davvero un evento che ha cambiato il volto dell’umanità. Comprendiamo perché, nel Vangelo di oggi, mentre nella notte si legge il Vangelo del racconto storico, quando Gesù è nato (quello che dà origine al nostro presepio), nel giorno di Natale si legge invece l’inizio del Vangelo di Giovanni, dove non si narra di nascite in una capanna, non si narra di pastori, ma si narra di quella che è l’intenzione di Dio.
Perché è importante questa nascita? Perché è importante il Natale? Perché il Natale non è una favola, ma è un evento che nasce da una volontà precisa, la volontà di Dio che tante volte, in tanti modi ha parlato, ha parlato agli uomini che lui aveva scelto, gli uomini e le donne con cui ha guidato il suo popolo per lunghi tratti della storia. Ma non sono bastate più le parole!
Perché noi potessimo davvero comprendere quanto è grande l’amore di Dio per noi, quanto questo amore sia un amore gratuito, vero, un amore che viene incontro a noi, alla nostra fragilità, alla nostra umanità, Dio ha deciso che questo amore, che queste sue parole diventassero carne, si facessero vedere, perché le intenzioni di Dio non sono pensieri astratti, ma sono realtà, una realtà che si può sperimentare. In Gesù Cristo, finalmente, queste parole hanno assunto addirittura un volto, una vita, un bambino. Il messaggio di Dio diventa ancora più esplicito per noi.
Non è una favola il Natale, non è un raccontino da dire ai bambini come si raccontano tante altre favole. È un racconto, una storia, è un evento che coinvolge prima di tutto noi adulti. Di fronte a un evento, la nostra vita deve scegliere se credere e accogliere oppure se ignorare e derubricare questo come una delle tante pagine di una storia ricca di tanti eventi. Ecco perché il Vangelo insiste: la Parola di Dio, il Verbo di Dio, si è fatto carne.
E abbiamo sentito che nelle letture che abbiamo ascoltato ci sono due espressioni che ricorrono spesso: La prima è vedere, contemplare tutto! Tutta l’umanità vedrà. L’altra è la gioia: oggi non può che essere un giorno di gioia, perché la nascita di un bambino è certamente sempre un motivo di gioia. Ma questo bambino ci porta una gioia molto più importante e decisiva che si radica nel profondo del nostro cuore. Allora cosa c’è da vedere? Che cosa dobbiamo vedere? Vedere vuol dire proprio guardare, avere un’esperienza. Anche noi, quando parliamo, dopo i discorsi vogliamo vedere i fatti. Ecco, Dio si è messo al nostro pari e ha compiuto un’opera, realizzato un fatto: un bambino è nato per noi. Ecco la grande intuizione di San Francesco che, nutrendosi della Parola di Dio, aveva compreso qual era il cuore, il messaggio, l’importanza del Natale. Ed ecco perché lui, 800 anni fa si inventò il presepe, chiedendo al borgo di Greccio di radunarsi intorno ad un bambino perché, dice Francesco, gli occhi del corpo possano vedere e possano ricordare e fare memoria di un evento concreto, di una realtà.
Carissimi fratelli e sorelle, oggi come in un appuntamento importante siamo di nuovo davanti a quel presepe che non è soltanto un piccolo segno, come babbo natale, le stelle, i fuochi…. Per noi il presepe è un segno importante della nostra fede, perché ci mette davanti a un evento, un evento su cui bisogna poi decidere come comportarsi, come viverlo questo evento. Intanto un evento così ce lo ha presentato e ce lo presenta la tradizione, leggendo la Scrittura. Un evento che fa nascere Gesù non a casa sua, ma lo fa nascere fuori, in un ambiente disagiato. Conosciamo la storia. A Betlemme, dove la Santa Famiglia si trova per motivi legati al censimento, non trovando un luogo idoneo, si rifugia, viste le condizioni di Maria, in un posto caldo e, quindi, in qualche modo accogliente: una stalla dove gli animali producevano quel calore che era anche necessario per un minimo di conforto. Quella capanna ci viene presentata aperta, com’era in realtà, senza una porta, per esempio. E questo a dirci che davvero Gesù è nato per tutti, per tutti nessuno escluso.
Non è nato solo per quelli che avranno il coraggio, la forza, la convinzione di bussare a una porta. No, Gesù è nato per tutti coloro che si avvicinano, che vedono e che scelgono di accoglierlo. Ecco allora il segno importante del nostro presepe che ha il cuore nel suo centro, il bambino, in una capanna aperta, accogliente, dove tutti, proprio tutti, pastori, animali, persone che vivono varie condizioni, convergono con il loro sguardo, con il loro camminare, con il loro andare.
Il Natale davvero è una una realtà aperta per tutti, tutti possono vivere il Natale. Anche noi, ogni anno, siamo messi di fronte a questa realtà. Ogni anno siamo di fronte a questo bambino: Gesù è nato, Gesù è con noi. Facendo memoria del Natale, per noi si rinnova il nostro metterci di fronte a questo volto nuovo, volto che incarna la Parola di Dio, che incarna l’amore di Dio per noi.
L’augurio più bello e importante che possiamo farci in questa giornata è quello di saper accogliere questo bambino nella nostra vita. Saper accogliere quello che Gesù è per noi e vuole essere per noi: è il nostro Salvatore! È una parola da leggersi non soltanto in questi giorni. È davvero la nostra luce, ci dice il Vangelo, ma lo è davvero? Lo è se noi accogliamo questo bambino tante volte, magari anche con sorpresa e, in qualche modo, ci rivolgiamo a Dio chiedendoci dov’è e come mai non interviene come vorremmo noi.
Ma questo bambino che è nato per noi, lo abbiamo accolto nella nostra vita? Come si accoglie un bambino che ha bisogno prima di tutto di essere amato, curato, con attenzione, con vicinanza? Abbiamo accolto davvero il messaggio di un Dio che non è lontano, che non è un soldato, che vuole soltanto metterci addosso violenza e oppressione, ma al contrario è uno che viene e con le sue braccia allargate e vuole farci sentire prima di tutto la dolcezza del suo amore per noi? I pastori, come i Magi, come tutti quelli che si sono avvicinati a quella capanna, poi se ne sono tornati a casa. Auguriamoci fin d’ora che anche noi, oggi che ci fermeremo di fronte a questa immagine, a questa capanna dove giace quel bambino, di tornare a casa, come fecero i Magi, per un’altra via, nella convinzione che possiamo davvero dare un volto nuovo al nostro camminare, al nostro vivere, tanto quanto accoglieremo sempre di più per noi e in noi questo bambino che è davvero il nostro Salvatore!