Dio, mendicante d’amore, si mette nelle nostre mani

Pubblichiamo di seguito il testo dell’Omelia nella Santa Messa nella notte della solennità del Natale del Signore tenuta da S.E. Mons. Claudio Maniago:

 

In questa santa notte, noi ricordiamo la nascita di Gesù e viviamo nell’Eucaristia il mistero della discesa nel mondo del Figlio di Dio, proclamando la gioia della Chiesa e della umanità e contemplando la gloria del Verbo fatto carne.

La gioia del Natale, infatti, non è legata soltanto all’evento storico avvenuto a Betlemme venti secoli or sono, ma è legata all’oggi della salvezza di Dio, oggi che comprende tutti i tempi – passato, presente e futuro – e riempie di sé questa notte santa. Una gioia che avrà il suo culmine, la sua massima esplosione nel mattino di Pasqua, perché i misteri di Cristo non vanno mai isolati. La notte di Natale è il punto di partenza per l’umanità, che si esprimerà in maniera compiuta e straordinaria nella morte e risurrezione di Gesù.

 

Dunque il motivo per cui la Chiesa celebra da oltre duemila anni il Natale è perché deve dare al mondo questo annuncio stupendo: il Verbo di Dio, misterioso, inconoscibile, inaccessibile, si è fatto carne, si è fatto conoscere, è venuto ad abitare in mezzo a noi, si è reso palpabile e tangibile. È venuto a farsi carne, a farsi uomo in tutta la pregnanza storica del termine, cioè assumendo la nostra condizione di debolezza, di fragilità, di limite, di morte, per riscattarci da tale condizione. Davvero questa santa notte è la notte della scoperta di Dio Amore, di Dio misericordia, di Dio che vuole vivere in comunione con noi. Per chi ha fede non c’è più ormai sconfitta, non c’è desolazione, non c’è morte, non c’è fine perché tutto è vinto dalla gloria, cioè dalla presenza del Figlio di Dio fra noi che ci chiede soltanto di lasciarci amare da lui.

L’evangelista Luca dipinge un’immagine da fissare senza distrazioni: «un bambino avvolto in fasce adagiato in una mangiatoia» (Lc 2, 7. 12. 16). Certo, ci sono anche la luce che avvolge i pastori, la gloria divina che incute timore, il coro degli angeli che canta la pace per l’umanità amata da Dio; ma questa è solo la cornice che pone in risalto il quadro e cerca di svelarne il senso. Il “segno” che i pastori ricevono dall’annuncio degli angeli è di una semplicità estrema: un bambino nato nella povertà di una stalla, figlio di una povera coppia di sposi cui è negata l’ospitalità. Il segno del Natale è tutto qui. Eppure questo bambino è proclamato Messia, Salvatore e Signore!

È proprio per questa sua estrema semplicità che il messaggio di questa notte è così universale. È alla portata di tutti, a cominciare dai poveri pastori di Betlemme; eppure è annuncio di un mistero grande, che tuttavia si manifesta nella vita ordinaria di quel figlio d’uomo. Come ogni bambino che nasce, Gesù vivrà solo se qualcuno si prenderà cura di lui, vivrà solo perché amato. Dio viene ed è subito, con tutto sé stesso, mendicante d’amore: si mette nelle nostre mani, vivrà in noi se noi lo amiamo. Possiamo essere la culla o la tomba di Dio nella nostra vita. Perché al di là del racconto traspare l’immagine di un Dio che accetta i nostri stessi limiti: nello spazio e nel tempo, fino alla morte. Un Dio che, per liberarci dalla nostra mortale illusione di essere invulnerabili e onnipotenti, si rende per primo vulnerabile e mortale. E mette la sua vita al servizio dell’intera umanità, rivelando agli uomini la possibilità di un modo nuovo di esistere, rivoluzionario perché pienamente umano, fatto di accoglienza, fraternità e solidarietà. Questo Bambino ci viene a dire che «Nessuno si salva da solo. Siamo tutti sulla stessa barca» (come ci ricorda insistentemente Papa Francesco). L’umanità vive o muore assieme, compresi i più deboli che molti vorrebbero escludere, i profughi e i migranti che vorrebbero tenere lontani dai confini europei, gli anziani considerati inutili e che si spengono lentamente nelle case di riposo isolati da ogni rapporto umano, i bambini non nati o i malati terminali che si vorrebbero eliminare in nome di una falsa pietà.

Per questo in questa notte di Natale ci viene detto che la nascita di Cristo è finalizzata ad insegnarci a «vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà», come ha scritto San Paolo al suo discepolo Tito (seconda lettura).

Se questo è il fondamento della festa, la gioia che la abita è gioia “per tutto il popolo”, per l’intera umanità destinataria dell’amore di Dio. Se in Gesù il Creatore si è fatto creatura, l’Eterno mortale, l’Onnipotente impotente, è perché l’uomo potesse diventare figlio di Dio. «Dio si è fatto come noi per farci come lui», cantiamo in questi giorni…

Ecco il radioso annuncio che proclamiamo agli uomini e alle donne tra i quali viviamo, nella nostra città, nella nostra regione, così assetati di senso, così desiderosi di speranza, così abitati da un’attesa più grande del loro stesso cuore. Per i cristiani si tratta di stare in mezzo agli altri con la stessa gioia con cui Dio è venuto in mezzo a noi nel Figlio, l’Emmanuele, il Dio-con-noi, che non può e non deve mai diventare Dio-contro-gli-altri. Allora il Natale non finirà bruciato nel consumarsi di poche ore e di molti beni, ma si dilaterà moltiplicandosi nel vissuto quotidiano: sarà il pegno di una vita più umana, abitata da relazioni autentiche, capace di esprimere in gesti e parole la bellezza e la luce, come eco di quella luce che brillò nella notte di Betlemme e che deve brillare ancora oggi in ogni luogo avvolto dalle tenebre dell’odio, del dolore e della paura.

 

Comprendiamo allora come l’augurio più bello che possiamo scambiarci in questa notte è di conoscere sempre più profondamente Gesù, il Verbo fatto carne, di credere a lui e di annunciare con gioia ai fratelli e alle sorelle il suo nome di Salvatore e il nostro comune destino di gloria nell’eternità, faccia a faccia con Dio.

In questa notte santa ci rivolgiamo anche a Maria perché ci aiuti, lei, che da quando il Figlio di Dio ha preso carne nel suo grembo, si è unita irrevocabilmente alla vicenda umana di Gesù fino alla croce, fino al silenzio del sabato santo e fino alla gioia della risurrezione. E le diciamo con semplicità: Aiutaci, Maria, a godere del mistero del Natale, a contemplare e ad adorare con te il Bambino Gesù per amarlo come tu lo hai amato e seguirlo come tu lo hai seguito.

 

Sarà cosi davvero un buon Natale per tutti. Lo auguriamo in particolare a quei Paesi che sono stati i primi testimoni del Natale: Betlemme, Gerusalemme, il Medio Oriente. Preghiamo per la pace in quelle terre e per la pace in Ucraina e in tutte le nazioni, per la pace in mezzo a noi. Che il Signore si manifesti a ciascuno di noi in questa santa notte! AMEN.