Celebrazione Eucaristica di Inizio Ministero Episcopale

Solenne Concelebrazione di Inizio Ministero Episcopale di S. E. Mons. Claudio Maniago

(Palazzetto dello Sport “S. Gallo” – Catanzaro – 9 Gennaio 2022)

 

Carissimi fratelli e sorelle, in questo momento in cui condivido con voi alcune riflessioni che la Parola proclamata suscita nel mio cuore in questo primo incontro come vostro Vescovo, permettete che saluti con affetto e riconoscenza i confratelli Vescovi presenti: in particolare Sua Eminenza il Sig. Cardinale di Firenze, Giuseppe Betori, l’Arcivescovo Angelo Panzetta a cui va un fraterno ringraziamento per il servizio svolto in questi mesi alla nostra Arcidiocesi, i confratelli delle Diocesi calabresi e gli altri che dalla Toscana, dalla Campania e dalla amata Puglia sono qui a testimoniarmi amicizia e comunione fraterna.

Saluto con riconoscenza anche i Sacerdoti e i laici che dalle diocesi di Firenze e soprattutto dalla cara Castellaneta mi hanno voluto accompagnare in questo momento così importante. Infine, un caro saluto a tutti coloro che vorrebbero essere presenti ma per diversi motivi – non ultimo la terribile pandemia che ancora ci affligge e da cui preghiamo di essere presto liberati – sono costretti a seguire questa celebrazione attraverso i vari canali di comunicazione. Grazie perché comunque partecipate a questa festa della Chiesa di Dio che è in Catanzaro Squillace.

Ascoltando la Parola che ci è stata appena proclamata, abbiamo percepito quanto il popolo d’Israele ha vissuto smarrimento e paura dell’abbandono da parte di Dio e ha avuto bisogno di ravvivare la speranza.

Il capitolo 40 del libro del profeta Isaia raccoglie le parole di un profeta che ha proprio compito di aiutare il popolo a non smettere di sperare. Probabilmente ha vissuto l’esilio in Babilonia e lo smarrimento del popolo quando, al ritorno, non sapeva da dove ricominciare per rimettersi in cammino. Dopo tanto tempo di prova è difficile credere che un nuovo inizio sia davvero possibile. Dove trovare la forza di ricominciare, di rimettersi in cammino? Ci vuole una parola forte che incida nel cuore degli Israeliti! La prima parola del profeta è, allora, “consolate!” Credete a quello che state vivendo perché Dio non vi ha abbandonato. Una parola forte che deve risuonare in ogni cuore e che spinge a mettersi di nuovo in cammino.

Come avviene nella nostra vita, questa parola di consolazione a volte non è sufficiente: ci sono dubbi, fatica, scoraggiamento, che ci opprimono e ci deprimono. Anche gli israeliti reduci dall’esilio sono incerti perché non vedono la presenza di Dio, e fanno fatica a sperare. La seconda parola del profeta è allora l’invito a costruire una strada. La strada dà sicurezza, invita a camminare e soprattutto è un modo per vedere con maggior chiarezza il Signore che viene incontro a noi, si mette al nostro fianco e cammina con noi. Vuol dire, quindi, alimentare la speranza che diventa certezza di ottenere ciò che si desidera.

Non c’è dubbio che tornando dall’esilio Israele aveva davanti una situazione di fronte alla quale poteva avvilirsi e fermarsi o piuttosto reagire mettendosi a ricostruire. Di fronte a questa prova il profeta annuncia la grazia di un nuovo inizio: «Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta, la sua colpa è scontata».

Il Vangelo di Luca riparte proprio da questa attesa del popolo, quasi che fino a quel momento ci siano state solo risposte parziali. Ora la promessa si compie fino in fondo. Gesù è colui nel quale il Padre compie per sempre la sua Parola. La promessa si compie quando Gesù scende fino in fondo nel nostro peccato e lo prende su di sé. Gesù scende nelle acque dove i peccatori hanno consegnato le proprie colpe. Dio si sporca e si compromette con l’uomo. Il Padre ci assicura e lo Spirito attesta che Gesù è colui nel quale si compie la promessa: è il Figlio amato, nel quale ogni figlio è amato.

La risposta al dono di una nuova opportunità, che Dio sempre ci offre anche di fronte alle nostre miserie e sconfitte sia personali che comunitarie, non può che essere il metterci a costruire la strada su cui camminare insieme. E noi lo faremo: tutti insieme.

Cammineremo insieme:

  • con umiltà, perché senza umiltà non si può incontrare Dio e non si può fare esperienza di salvezza, e senza umiltà non si può incontrare nemmeno il prossimo, il fratello che ci vive accanto;
  • con spirito di accoglienza, non solo gli uni gli altri, ma soprattutto e prima di tutto verso il Signore convertendoci a Lui e annunciandolo con entusiasmo nel mondo. Lo spirito di accoglienza ci chiederà di dialogare, di confrontarci, di sognare insieme, ma innanzi tutto di pregare insieme per recuperare lo spirito e l’energia giusta per un buon cammino sulla via evangelica della fraternità e dell’unità.

Iniziamo allora insieme una nuova pagina della lunga e importante storia della nostra Arcidiocesi, facendoci guidare dalle parole chiave che Papa Francesco indica come decisive per il cammino sinodale della Chiesa: partecipazione, comunione e missione.

La partecipazione si dovrà esprimere in un chiaro stile di corresponsabilità. Nella diversità di ruoli e di ministeri le responsabilità nella Chiesa sono diverse, ma è determinante che ognuno si senta partecipe della vita delle nostre comunità ecclesiali. La comune vocazione battesimale ci chiede consapevolezza e impegno senza che nessuno si senta escluso o peggio spettatore nell’edificare la comunità cristiana.

La comunione che dovrà caratterizzare il nostro cammino dovrà scaturire essenzialmente dal nostro rapporto con Cristo: «non avremo mai uno stile evangelico nei nostri ambienti se non rimettendo Cristo al centro». Pregare insieme, ascoltare insieme la Parola di Dio, collaborare perché insieme si ha a cuore il bene di tutto il popolo di Dio.

Su questo aspetto chiedo in particolare a voi, cari fratelli Presbiteri, un impegno deciso e senza titubanze perché solo nella comunione del Presbiterio e del Presbiterio con il Vescovo potremo vivere, secondo la volontà di Dio, un autentico atteggiamento di servizio che sappia riconoscere e vivere con gioia la ricchezza multiforme del Popolo di Dio. E senza umiltà questo non sarà possibile.

Infine, sarà determinante per la nostra Comunità diocesana vivere sempre di più in uno stato di missione per evitare di ripiegarci in modo sterile su noi stessi. Chi è ripiegato su se stesso «guarda dall’alto e da lontano, rifiuta la profezia dei fratelli, squalifica chi gli pone domande, fa risaltare continuamente gli errori degli altri ed è ossessionato dalla apparenza […] È una tremenda corruzione con apparenza di bene. Bisogna evitarla mettendo la Chiesa in movimento di uscita da sé, di missione centrata in Gesù Cristo, di impegno verso i poveri». Così ci ammonisce Papa Francesco nella Evangelii Gaudium (n. 97).

Solo un cuore aperto alla missione fa sì che tutto ciò che facciamo sia sempre segnato dalla forza rigeneratrice del Vangelo. E la missione sempre comporta passione per i poveri, coloro cioè che “mancano” di qualcosa sia in termini materiali che spirituali, morali, affettivi. Dobbiamo quindi impegnarci a edificare comunità capaci di incontrare tutti i poveri e annunciare loro il Vangelo con gesti e parole di vicinanza, di attenzione e di cura, che facciano crescere in loro la speranza di una vita nuova.

Carissimi, da oggi metto la mia persona, le mie forze a servizio del Popolo santo di Dio che è in Catanzaro-Squillace, ma lo faccio insieme a voi, perché solo insieme, con umiltà, in ascolto dello Spirito, cercando di vivere la partecipazione, la comunione la missione, possiamo aprire la nuova strada che ci chiede il Signore in questo tempo.

Maria Immacolata, i nostri santi Patroni Vitaliano e Agazio, ci sostengano e siano nostri preziosi compagni di viaggio. Amen.

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