Si è svolta ieri, mercoledì 27 marzo, presso la Basilica Concattedrale “Santa Maria Assunta” di Squillace, la Santa Messa del Crisma presieduta dall’Arcivescovo S.E. Mons. Claudio Maniago.
Anche quest’anno, in questa suggestiva celebrazione, i Presbiteri con il loro Vescovo si sono radunati attorno all’altare per rinnovare le promesse sacerdotali. Durante la celebrazione sono stati poi benedetti l’olio dei catecumeni, l’olio degli infermi e il Crisma, che saranno utilizzati durante l’anno in tutte le parrocchie della Diocesi.
Di seguito riportiamo l’Omelia che l’Arcivescovo ha tenuto durante la celebrazione Eucaristica:
Stiamo vivendo con rinnovato stupore questa celebrazione Eucaristica veramente unica nel corso dell’anno liturgico perché celebra in qualche modo tutta la sacramentalità della Chiesa, cioè tutti i segni sacramentali attraverso i quali, per mezzo della Chiesa, giunge a noi oggi la salvezza sgorgata dal mistero pasquale.
Non è quindi una celebrazione secondaria in questa settimana, riservata ai sacerdoti e a categorie privilegiate. Si tratta di una vera assemblea liturgica diocesana, anzi, per la verità si tratta dell’unica assemblea liturgica diocesana e dell’unica concelebrazione di tutti i sacerdoti con il vescovo, prevista dal Messale nel corso di tutto l’anno liturgico.
Tutte le altre assemblee diocesane sono occasionali e facoltative. E se in questa occasione si invita la comunità diocesana a dare particolare attenzione ministero ordinato (vescovo, preti, diaconi), non bisogna dimenticare che al centro di questa celebrazione c’è tutto il sacerdozio cristiano, compreso quello che accomuna tutti i fedeli come espressione della dignità battesimale.
Per questo, nel contesto della Settimana Santa, la messa crismale deve essere sempre più l’assemblea pasquale diocesana per celebrare la Chiesa particolare quale espressione sacramentale della salvezza, attraverso i vari sacramenti e ministeri ordinati. Dal Vescovo fino all’ultimo dei battezzati siamo oggi chiamati a riscoprire il Battesimo e tutti gli altri sacramenti, simboleggiati dagli olii che tra poco consacreremo, come strumenti di salvezza nella misura in cui si manifestano come servizio, offerta di sé, sulle orme di quel Gesù che non è venuto per farsi servire ma per essere servo di tutti.
La Parola di Dio che ci è stata rivolta stasera, annuncia questo messaggio attraverso la prima lettura nella quale il profeta Isaia riassume la sua missione che consiste nel portare il lieto annunzio ai poveri, nel fasciare le piaghe dei cuori spezzati, nel proclamare la libertà per gli schiavi, nel consolare tutti gli afflitti. Sono le stesse parole che Gesù, come abbiamo ascoltato nel brano di vangelo appena proclamato, applica a sé nella sinagoga di Nazareth per affermare che in lui si compie in pienezza questa missione adombrata in tutti i profeti.
“Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi” (Lc 4,21). È appunto in questo servizio di annuncio e di carità che si manifesta la missione sacerdotale della Chiesa, sull’esempio di Colui che ha versato il suo sangue divenendo così il primogenito di un nuovo popolo, come proclama la seconda lettura di stasera.
È nel contesto di questa celebrazione che proclama il servizio come nota caratteristica di tutta la Chiesa e quindi di ogni cristiano, che dal 1969 papa Paolo VI ha voluto che, davanti al popolo di Dio, i sacerdoti rinnovino il loro impegno a servizio della comunità cristiana.
Sentirete nelle risposte alle mie domande che i nostri sacerdoti si impegnano a spendere la loro vita a servizio della Chiesa, uniti intimamente al Signore; e sul suo esempio si impegnano a vivere il loro ministero con gratuità, con fedeltà, con amore verso tutti i fratelli e le sorelle loro affidati attraverso la celebrazione dei sacramenti e il servizio della sua Parola.
I sacerdoti e con loro e prima di loro il vescovo devono essere, nonostante la loro originalità e la loro fragilità, trasparenza di Cristo vivente in mezzo a noi come maestro e servo di tutti; per questo stasera in modo del tutto particolare tutti voi, santa Chiesa di Catanzaro-Squillace, dovete pregare per noi, perché il Signore ci custodisca e ci riempia dei suoi doni perché possiamo servire degnamente il vangelo e il popolo di Dio.
La Benedizione degli olii che compiamo in questa celebrazione è un forte richiamo per ciascuno di noi alla nostra comune vocazione cristiana: l’unzione nel battesimo e soprattutto nella Cresima o Confermazione, evidenzia la nostra conformazione a Cristo, l’Unto di Dio, il Cristo, e la partecipazione alla sua missione. In altre parole, la benedizione degli olii e l’unzione che viene evocata, ricorda che, unendoci a Cristo, non siamo cristiani per noi stessi ma per il mondo.
Essere conformati a Cristo, essere suoi testimoni significa dare un volto, delle mani, un cuore a Gesù perché possa ancora oggi rivelare l’amore di Dio per mezzo nostro. È nel rendere disponibile la nostra persona a questa missione evangelica che ciascuno di noi realizza pienamente la sua vita dandole un valore eterno: “Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà” (Mc 8,35).
Queste consapevolezze ci aiutano stasera a vivere questa celebrazione come un importante momento di Chiesa, un momento della vita della nostra Chiesa diocesana e a fare un doveroso esame di coscienza per ripartire con rinnovato slancio e spirito rinnovato dalla Pasqua che ci apprestiamo ancora una volta a vivere.
In particolare, quest’anno, impegnati nelle nostre comunità e realtà ecclesiali nel cammino sinodale, ci sentiamo chiamati tutti a offrire il nostro contributo come operai per l’unica opera di Dio, qui e ora.
Sentiamoci sempre più coinvolti in questo cammino di Chiesa e tutti, presbiteri e fedeli laici, vincendo diffidenze, scetticismi e pigrizie, investiamo con generosità i nostri “due spiccioli” in quest’opera di Dio, curando che il nostro lavoro ecclesiale sia segnato dalla caratteristica delle opere di Dio: l’unità.
Questo è il segno in cui riconosciamo di essere sulla strada giusta, di lavorare secondo il progetto di Dio, di collaborare all’opera di salvezza inaugurata dalla Pasqua, di edificare il suo Regno: l’unità è allora il “biglietto da visita” per la Chiesa del Signore e il criterio pratico di discernimento per la vita delle nostre comunità: quando un battezzato o una comunità si chiude nel proprio modo di pensare e di agire, è segno che si è allontanata dallo Spirito Santo. Il cammino delle nostre parrocchie, gruppi, movimenti, associazioni, confraternite… deve sempre confrontarsi con questa nota fondamentale della Chiesa e armonizzarsi con essa attraverso uno stato permanente di conversione.
Questa celebrazione mostra l’unità della nostra chiesa diocesana, ma al tempo stesso ce la ricorda e soprattutto ci chiede di impegnarci a viverla in modo sempre più responsabile e coerente: solo così nel cantiere delle nostre comunità potremo costruire insieme la Chiesa del Signore segno e strumento della salvezza per tutto il mondo.
Quest’anno siamo richiamati a questa essenziale dimensione del nostro essere Chiesa anche dalla visita “ad limina” che compirò a nome di tutta la nostra Diocesi dal 22 al 26 aprile prossimo.
L’espressione completa sarebbe “visita ad limina apostolorum“, espressione antica risalente ai primi secoli della Chiesa per indicare i pellegrinaggi compiuti dai fedeli per visitare e pregare alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo. Nella prassi attuale con tale termine si intende la visita che ogni vescovo diocesano periodicamente deve fare a Roma per celebrare sui sepolcri dei santi Apostoli Pietro e Paolo e incontrare il successore di Pietro, il vescovo di Roma e i suoi più stretti collaboratori, per accrescere il suo senso di responsabilità come Successore degli Apostoli e rinvigorire la sua comunione con il successore di Pietro.
Questa visita è quindi per me l’occasione per chiedere la conferma di Papa Francesco, successore di Pietro, al mio ministero in mezzo a voi, ma soprattutto costituisce un momento importante per la vita della nostra Diocesi di Catanzaro-Squillace la quale, per mezzo del proprio vescovo, consolida i vincoli di fede, di comunione e di disciplina che la legano alla Chiesa di Roma e all’intero corpo ecclesiale.
Vi chiedo quindi di unirvi con la preghiera a questo pellegrinaggio che farò insieme a tutti gli altri vescovi calabresi, chiedendo con me al Signore Risorto la forza della sua Grazia per il rinnovamento della nostra comunità diocesana.
Carissimi, affidiamo quindi le nostre migliori intenzioni al Signore Gesù, morto e risorto per noi, con le parole di una preghiera del Santo Papa Paolo VI:
Fa’ o Signore, che mai siamo insensibili alla chiamata rivelatrice che è il tuo Vangelo, segreto, forza e gioia del nostro vero destino.
Fa’, o Signore, che noi comprendiamo la dignità e l’impegno della nostra semplice e misteriosa vita cristiana.
Fa’, o Signore, che seguendo te e credendo in te, ci arrendiamo liberi e docili, al mistero dell’unità che è la tua Chiesa vivente nella tua verità e della tua carità.
Fa’, o Signore, che il tuo Spirito informi e trasformi la nostra vita e ci dia il gaudio della fratellanza sincera, la virtù del generoso servizio, l’ansia dell’apostolato.
Fa’, o Signore, che sempre più ardente e operoso diventi il nostro amore verso tutti i fratelli in Cristo, per collaborare più intensamente con loro all’edificazione del Regno di Dio. Amen.