Omelia di S.E. Mons. Tscherrig in occasione dell’imposizione del Pallio a S.E. Mons. Maniago nella Solennità di San Vitaliano

Eccellenza Rev.ma Mons. Claudio Maniago,

Arcivescovo Metropolita di Catanzaro-Squillace,

Confratelli Arcivescovo e Vescovo suffraganei, fratelli sacerdoti e diaconi,

Consacrati, seminaristi

Fratelli e sorelle in Cristo,

Ringrazio il Signore che mi ha concesso la possibilità di celebrare con voi questa Eucaristia, riuniti attorno alla medesima mensa della Parola e del Pane. Vi saluto a nome del Santo Padre che ho il privilegio di rappresentare in Italia e che Vi invia la sua Benedizione Apostolica come segno di comunione e di paterna sollecitudine per il Popolo di Dio peregrinante in questa amata Arcidiocesi e nella bella e cara Calabria.

 

Nella festa del Vostro Patrono San Vitaliano, il Signore invita ciascuno/a di noi ad essere santi come lui. Nel discorso delle Beatitudini, Gesù indica con chiarezza il cammino della santità e Papa Francesco osserva che la parola “felice” o “beato” è sinonimo di “santo”, “perché esprime che la persona fedele a Dio e che vive la Sua Parola raggiuge, nel dono di sé, la vera beatitudine” (Gaudete et Exsultate, 64).  E per questo, dopo aver elencato le Beatitudini, Gesù si rivolge ai discepoli ed alla folla presente ed esclama: “Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo!”.

 

Perché il Signore utilizza queste due immagini? Perché senza la luce non è possibile la vita e senza il sale il cibo non ha sapore ed è esposto alla putrefazione. Gesù usa queste immagini per indicare la missione del cristiano. Come battezzati siamo non semplicemente “sale”, ma il sale, cioè questa novità e questa forza divina che con Cristo hanno fatto irruzione nel mondo e sono capaci di trasformare l’umanità e la sua terra. Abbiamo la missione di dar gusto al mondo e di conservarlo. Come la luce allontana le tenebre e la paura, così noi dobbiamo essere testimoni che le tenebre e la notte sono state vinte e che nel mondo risplende la luce della risurrezione. Cristo è la luce che illumina ogni esistenza. In essa camminiamo e speriamo di raggiungere le sponde dell’eternità. Gesù vuole che la Sua luce risplenda nel mondo attraverso la nostra testimonianza di cristiani, affinché i nostri contemporanei vedano le nostre buone opere e glorifichino il Padre nostro che è nei cieli. Con queste parole dirette, il Maestro condanna sia la falsa umiltà sia l’ostentazione, e vuole cristiani coraggiosi che non hanno paura di esserlo o che si nascondono per non essere visti, denigrati o osteggiati. Non dobbiamo vergognarci di essere cattolici, ma siamo chiamati ad essere consci del privilegio di poter annunciare Cristo risorto, salvezza di quelli che credono.

 

Cari fratelli e sorelle,

chiediamo al Signore di essere il sale che rinnova il mondo, ovvero persone che danno gusto e sapore a ciò che da sempre accompagna la nostra vita e quella di chi ci è accanto. Spesso cerchiamo a tutti i costi le novità che il più delle volte assomigliano a sterili tentativi di trasformare il piacere in gioia, la noia in divertimento e la sfiducia reciproca nello sforzo di stare insieme. Invece l’invito contenuto del Vangelo è completamente diverso: dobbiamo trasformare ciò che già abbiamo, valorizzandone le potenzialità, scoprendo le infinite possibilità nascoste e non ancora sfruttate. E per fare questo è necessaria un’altra virtù, ovvero la capacità di comprendere la misura delle cose – come accade quando usiamo il sale – per evitare gli eccessi e tutto ciò che rischia di rovinare e offuscare l’azione nascosta e incisiva di Dio nel mondo. Chiediamo il dono della misura, di saper essere uomini e donne dal cuore, dalla mente e dai giudizi equilibrati, che sanno aspettare i tempi di Dio e quelli degli altri e che fanno delle distanze lo spazio per poterci incamminare verso le vite di coloro che il Signore ci ha posti accanto.

 

Tutti conosciamo il valore del sale per conservare gli alimenti e quindi la sua virtù di preservare le cose dal marcio. Quando gli Evangelisti parlano dell’Eucaristia negli incontri dei discepoli con il Risorto, le parole usate nelle traduzioni sono in genere quelle dello “spezzare il pane”. Il Risorto infatti si fa riconoscere “nello spezzare il pane”. San Luca invece, nell’episodio dei discepoli di Emmaus, usa una parola greca diversa. Per lui Gesù condivide o mangia il sale con i due uomini in cammino, trasmettendo così un importante messaggio teologico. Nel condividere il sale, il Signore risorto rende i discepoli partecipi della sua vita divina, l’unico rimedio contro la corruzione e la morte. Chi mangia la sua carne e beve il suo sangue, simboli dell’Eucaristia, avrà la vita eterna e parteciperà alla risurrezione della carne. Il pane dell’Eucaristia è quindi il sale con cui Dio ci dona l’immortalità che neanche la morte potrà corrompere.

 

Così il sale diventa l’immagine della nuova vita che abbiamo ricevuto nel battesimo e che è nutrito e preservato dal pane eucaristico. La gioia della risurrezione e la vita eterna è quindi il messaggio principale da proporre ai nostri coetanei, perché, come scrive Papa Francesco nella sua Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, essa “non è una cosa del passato”, ma “contiene una forza di vita che ha penetrato il mondo” (EG, 276). Molte volte siamo disorientati e senza forza perché ci manca fede nella risurrezione e nella presenza viva di Cristo in mezzo alle vicissitudini della vita. “Così – commenta il Papa – il Vangelo, che è il messaggio più bello che c’è in questo mondo, rimane sepolto sotto molte scuse” (EG, 277).

 

Credere significa perciò accettare la realtà della risurrezione e la sua forza trasformatrice. Questa speranza è la base del nostro essere cristiani, perché se la risurrezione non esistesse, scrive san Paolo, “vana è la nostra predicazione e vana anche la (nostra) fede” (1Cor 15, 14). Senza la fede nella risurrezione e il pane della vita, il nostro essere cristiani non avrebbe senso e la nostra esistenza non sarebbe capace di trasformare il mondo nella casa comune per tutti. Invece “il discepolo è chiamato – afferma il Papa – a tenere lontani dalla società i pericoli, i germi corrosivi che inquinano la vita delle persone. Si tratta di resistere al degrado morale, al peccato, testimoniando i valori dell’onestà e della fraternità, senza cedere alle lusinghe mondane dell’arrivismo, del potere, della ricchezza. E Francesco continua: “È “sale” il discepolo che, nonostante i fallimenti quotidiani – perché tutti noi ne abbiamo –, si rialza dalla polvere dei propri sbagli, ricominciando con coraggio e pazienza, ogni giorno, a cercare il dialogo e l’incontro con gli altri. È “sale” il discepolo, insiste Francesco, che non ricerca il consenso e il plauso, ma si sforza di essere una presenza umile, costruttiva, nella fedeltà agli insegnamenti di Gesù che è venuto nel mondo non per essere servito, ma per servire” (Angelus, 9 febbraio 2020).

 

Nell’Antico testamento, il sale era anche usato per siglare delle alleanze: il spargere o condividere del sale dava valore e consistenza al patto, le dava la forza di durare ed esprimeva la volontà della perseveranza e della fedeltà. Quanto è necessario oggi, nelle nostre famiglie, nelle nostre aziende, nei luoghi di aggregazione e di lavoro e nelle nostre comunità cristiane, vivere e credere nell’alleanza “del sale”, cioè lavorare insieme per il bene comune, nel dialogo, nell’ascolto e nel rispetto reciproco, nel perdono. Usando un linguaggio attuale e caro a Papa Francesco, che parla spesso di “conversione pastorale”, siamo chiamati a realizzare un dialogo sinodale per aprire una nuova epoca di azione missionaria per l’intera Chiesa. E il segno del Pallio imposto oggi sulle spalle del vostro Pastore, come detto all’inizio di questa celebrazione, inserisce questa Chiesa locale e ciascuno di voi in questo ambito di comunione, di servizio e di amore.

 

Cari fratelli, care sorelle,

Sono i santi che ci insegnano il gusto della missione come servizio al prossimo. E oggi nella persona di San Vitaliano, vescovo Patrono di questa Arcidiocesi, celebriamo uno di essi. Nonostante le difficoltà, le incomprensioni e la persecuzione, non ha deviato dalla sua missione ed è così diventato una benedizione per questa ed altre regioni di questa terra. I santi ci dicono che non siamo soli nel cammino e nelle nostre prove, ma che siamo accompagnati ed aiutati dai nostri fratelli e dalle nostre sorelle che ci sono preceduti nella fede e che sono già giunti alla presenza di Dio. Perciò, conclude il Papa, “non devo portare da solo ciò che in realtà non potrei mai portare da solo. La schiera dei santi di Dio mi protegge, mi sostiene e mi porta” (GeE, 4).

 

Dei santi fanno parte gli uomini e le donne illustri il cui eco risuona nel Libro del Siracide. Essi sono presentati come uomini e donne di fede, le cui opere giuste non sono dimenticate. Si tratte di uomini e donne dotati di forza, di intelligenza, di sapienza e di spirito di profezia, i quali hanno lasciato una traccia nella storia, perché erano servitori e amministratori della pace che viene da Dio. Essere sale e luce è in fondo anche un invito per ciascuno/a di noi ad impegnarci per il bene degli altri senza sosta, affinché rimanga una nostra piccola traccia nel mondo. E l’unico modo per essere ricordati è quello di consumarci per gli altri, di amare senza distinzione e senza riserva. Infatti soltanto amando abbiamo la certezza che la nostra vita darà frutto (cfr. EG, 279).

 

Che Maria Santissima, Madre di Gesù, della Chiesa e Madre nostra, ci aiuti in questi propositi e, grazie alla sua intercessione, ci accompagni in questo cammino verso la luce che non conosce tramonto. Così sia.