Beata Maria Antonia Samà (1875-1953)

Mariantonia Samà nacque a Sant’Andrea Jonio (Catanzaro) il 2 marzo 1875 da Bruno e Marianna Vivino. Il padre morì pochi giorni dopo averla concepita. Visse in condizioni economiche disagiate, in una casupola composta da un solo vano, priva di servizi e di luce solare. Mariantonia da piccola contribuiva al suo mantenimento lavorando in campagna con la madre; accompagnava al mulino un asino carico di grano e lo riaccompagnava poi in paese con i sacchi di farina, ricevendo quale compenso una pagnotta a settimana.

Aveva 11 anni quando, ritornando dalla campagna, dopo avere bevuto da un rigagnolo, Mariantonia accusò anomali disturbi non diagnosticati, dai quali riuscì a liberarsi solo quando fu condotta presso la Certosa di Serra San Bruno, nel giugno 1894. Qui il parroco di Amaroni iniziò un rito di esorcismo senza alcun effetto. Solo dopo 5 ore di preghiera, guidata dal priore dei certosini davanti al busto-reliquiario di San Bruno, Mariantonia si sentì guarita e abbracciò il busto del Santo, come se lo vedesse di persona. In paese fu chiamata la malatina di San Bruno.

Due anni dopo, colpita da malattia forse artrosica o neurologica, Mariantonia rimase per sempre immobile, in posizione supina, con le ginocchia alzate. Iniziò così il suo calvario, assistita dalla madre. Il parroco, i padri redentoristi e le suore riparatrici del Sacro Cuore si prendevano cura della sua preparazione spirituale da consacrata. Verso il 1915 pronunciò privatamente i voti religiosi. Si coprì il capo con il velo nero e divenne per tutti la monachella di San Bruno. La sua casa fu luogo di riferimento spirituale per gli abitanti del paese. Garantendo a tutti le sue preghiere, invitava a riporre piena fiducia in Dio, accettando sempre la sua volontà.

Dopo la morte della madre il 24 febbraio 1920, Mariantonia fu assistita in tutti i suoi bisogni da molte persone, specialmente dalle suore riparatrici e dal parroco. Le fu assicurata la costante presenza di una anziana donna perché badasse a lei. Gli abitanti di Sant’Andrea le portavano il cibo, che condivideva con i bisognosi. Portò così la sua croce con fede e serenità, divenendo copia perfetta di quel Crocifisso che contemplava alla parete di fronte al suo letto. Poteva davvero affermare con San Paolo: “Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me” (Gal. 2,20).

Dalla santa Eucaristia, che le portava ogni giorno un sacerdote, e dalla recita del santo rosario tre volte al giorno con i visitatori, Mariantonia traeva la forza di sopportare le sue sofferenze, conformandosi con serenità al volere di Dio, sì da regalare a tutti un po’ di consolazione. Visse in povertà, in modo umile e semplice, “nascosta in Cristo”, riuscendo a trasformare la sua casa in un piccolo tempio e divenendo, per tanti, maestra di preghiera.

Don Gerardo Mongiardo, di Sant’Andrea Jonio, nella biografia Mariantonia Samà, 60 anni di amore crocifisso, ha scritto: “Era maestra e luce per tutti, faro di santità per un popolo che girava intorno a lei come a centro di vita spirituale. Le suore riparatrici del Sacro Cuore, di stanza nella casa donata loro dalla baronessa Scoppa (suor Clarice, suor Benita, madre Pia, suor Innocenza), a date fisse, ogni settimana, con squisito senso di carità curavano l’igiene intima di Mariantonia e la pettinatura dei capelli. Fu fonte di speranza per anime in pena o lancinate dal dubbio, specie in tempi di guerra, circa la sorte dei soldati o il ritorno dai campi di guerra o di prigionia. Andare da Mariantonia era sentire, attraverso lei, il peso di Dio nelle vicende umane. Nelle famiglie andreolesi divenne punto programmatico obbligato passare da lei per sentire cosa diceva o come la pensava la “monaca santa”. Chi andava da Mariantonia era convinto che la sua era la voce di Dio. Intorno a lei si era formata una comunità sacra in cui il civico e il parrocchiale venivano a trovarsi fusi.

Chi scrive ricorda il giorno in cui la mamma lo condusse dalla Monachella di San Bruno, per assicurarsi che l’entrata in seminario era veramente chiamata di Dio. Uscendo fuori, la mamma, gioiosa, esplose: «Gerardino, il Signore ti vuole». E così Gerardino entrò in seminario. Mariantonia aveva un suo modo particolare di colloquiare. Ascoltava, poi seguiva una parentesi di silenzio; i suoi occhi si fissavano in alto o verso Gesù Crocifisso (come se tutto vedesse in Dio!); poi comunicava, quasi un responso! Faceva da monitor di Dio, da ricetrasmittente della verità delle/sulle cose. Chiunque andava da lei, tornava rasserenato. Faceva proprio ogni dispiacere del prossimo. Era sempre pronta a dare consigli: incoraggiava a sperare, ad avere fede nei momenti di sconforto e soprattutto – a fare la volontà di Dio. Fu un parafulmine per tutta la Comunità andreolese”.

La monachella non poteva operare fisicamente, ma poteva ascoltare e parlare; aveva la capacità di tessere delle relazioni di pensiero, di sentimenti e di azione con quel piccolo mondo che la circondava. La sua limitazione fisica non era certo limitazione del suo spirito. Si era accettata pienamente nella sua immobilità con le gambe chiuse su sé stesse e cementate nelle articolazioni, cosciente che proprio il Signore aveva voluto che fosse così. Non recriminava col Signore, ma viveva con lui un rapporto dialogale, fiduciale, continuo: la sua giornata era diventata una preghiera contemplativa costante, anzi la sua stessa persona con il suo corpo immobile e lo sguardo fisso sul suo “bel Gesù” era diventata preghiera.

La grandezza della vita spirituale di Mariantonia sta proprio in questo: il suo spirito non si era isterilito dalla tragedia di dover vivere immobilizzata sul letto, come in croce. Impotente a operare in modo diverso, Mariantonia elevò a missione la sua sofferenza. Soffrì con serenità di spirito e offrì le sue sofferenze per riparare le offese al Sacro Cuore di Gesù, per rendere fecondo l’apostolato dei sacerdoti, per ottenere grazie a persone vicine e lontane che ricorrevano con fede alla sua mediazione presso Dio. In Gesù Mariantonia ha dato senso alle sue giornate tutte uguali, per il bene del mondo e della Chiesa. Sembrava fuori della storia, ma in realtà incarnava in sé tutto il travaglio della storia. Umanamente poteva essere vista come una nullità, un fallimento, eppure in lei si celava un abisso di umanità risorta e santificata dalla grazia. Cristo era il suo sposo e il senso della sua vita. Lo Spirito Santo era la sua luce e la sua forza. La Parola di Dio era il suo nutrimento, i sofferenti erano i suoi amici. Il cammino di Mariantonia fu un miracolo della grazia. In questo cammino fu sempre accompagnata da Maria. Fiat e Alleluja furono le coordinate della sua vita spirituale. Per questa sua testimonianza i fedeli la ritenevano “santa” ancora in vita.

Quando morì, senza alcuna piaga di decubito, il 27 maggio 1953, all’età di 78 anni, guardando il Crocifisso e pronunciando il santo nome di Gesù e di Maria, il parroco dell’epoca, don Andrea Samà, a margine dell’atto di morte annotò: “morta in concetto di santità”. Le sue esequie furono come processione. Sulla sua tomba fu scritto: “Visse solo per amore, dolorò per 60 anni per amore, si purificò nell’amore, ora dal cielo addita a tutti la via dell’amore”.

Il 3 agosto 2003 i resti mortali di Mariantonia furono traslati dal Cimitero alla Chiesa parrocchiale alla presenza di Mons. Antonio Cantisani, del clero della Vicaria e di tanti fedeli.

Il 9 febbraio 2007 l’arcivescovo Mons. Antonio Ciliberti, constatata la continua e genuina fama di santità, perdurata dopo 54 anni dalla morte di Mariantonia, costituì il Tribunale e la Commissione storica. La Causa di beatificazione ebbe bisogno di una Inchiesta suppletiva, ordinata da Mons. Vincenzo Bertolone, che si concluse il 31 gennaio 2012.

Il 2014 è stata depositata la Positio super vita, virtutibus et fama sanctitatis presso la Congregazione delle cause dei Santi, dove è pure in attesa di esame l’Inchiesta su un presunto miracolo.

Il Sommo Pontefice, Papa Francesco, il 18 dicembre 2017 ha ordinato la pubblicazione del Decreto di venerabilità, riconoscendo l’esercizio delle virtù in modo straordinario da parte di Mariantonia.

Il 7 luglio 2020, il Collegio dei Cardinali e Vescovi consultori esprime il voto favorevole sul miracolo ottenuto per intercessione di Mariantonia Samà.

Il 10 luglio 2020, Papa Francesco autorizza la Congregazione a promulgare il Decreto riguardante il miracolo, che porta la Venerabile alla Beatificazione.

Il 3 ottobre 2021, Il Cardinale Marcello Semeraro legge il Decreto di Beatificazione di Mariantonia Samà nella Basilica dell’Immacolata in Catanzaro.

 

Preghiera
Padre misericordioso,
non cesseremo mai di ringraziarti
per aver donato a queste terre
la dolce ed umile creatura
che a te si consacrò e ti donò il suo cuore.
Rimase immobile in un letto
per oltre sessant’anni
senza un lamento, una lacrima,
un moto di sconforto.
Ella trovò nella preghiera
e nell’Eucaristia la forza
per sorridere agli altri
che ricorrevano a lei per essere consolati.
Pregando Te e la Beata Vergine
divise il pane che le veniva dato
con i tanti indigenti del vicinato.
Così visse e morì,
fissando dal giaciglio
il quadro di Gesù “suo bello”.
Volle offrire il suo lungo dolore
a riparar le offese al Sacro Cuore
e rendere più santi i sacerdoti.
O Padre, concedici la grazia che imploriamo
e la gioia di saperla glorificata in cielo
e beata sulla terra. Amen.

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